ASCOLTANDO LA MORTE
"La luce del crepuscolo si attenua:
inquieti spiriti sia dolce la tenebra
Al cuore che non ama più!
Sorgenti sorgenti abbiam da ascoltare,
Sorgenti, sorgenti che sanno
Sorgenti che sanno che spiriti stanno
Che spiriti stanno a ascoltare...
Ascolta: la luce del crepuscolo attenua
Ed agli inquieti spiriti è dolce la tenebra:
Ascolta: ti ha vinto la sorte:
Ma per i cuori leggeri un'altra vita è alle porte:
Non c'è di dolcezza che possa uguagliare la morte
(Dino Campana da "I canti orfici")
"Forse un mitomane che ha subito in pieno tutta
la Legge del consuno fino al.consumo totale" (Goffredo Parise su
Paese Sera del 28/1/1967)
"La morte e una cosa troppo seria per mescolarla
alle frivolezze di un Festival. Era un cosi bel ragazzo • • • (Dacia
Maraini su Paese Sera 28/1/1967)
"La struttura "psicotica" di tipo melanconico, ha
prodotto un "corto circuito", cioè un distacco prematuro della vita.
In questi soggetti l'attaccamento alla vita è labile, e come se
queste persone non fossero mai nate completamente e definitivamente
e sentissero sempre una specie di richiamo nostalgico verso
l'inerzia prenatale (Claudio Modigliani, psicanalista su Paese Sera
del 28/1/1967)
Fra i versi di Dino Campana e le bestialità sopra riportate c'è la notte nella quale l'ordine costituito del
senso comune consuma la propria pigrizia mentale.
Da una parte la morte è momento sapienziale, la sua natura è "sorgiva
", ad essa ci si avvicina per "ascoltare", e dove sembra abbia "vinto
la sorte", i "cuori leggeri" ritrovano un'altra "vita" che
è "alle porte".
Sull'altro versante vi è il termine
di un discorso che continua senza di lei, sinonimo di esclusione, appartiene all'individuo Luigi Tenco invadendo it
campo del sociale solo genericamente nella frase di Parise con la
trita sparata sul consumismo.
Ecco it frutto di un laicismo tutto
superficiale senza radici profonde, dove it fatto di poter accedere, con
relativa facilità, ai mezzi di comunicazione di massa, premia i
veloci di lingua, i vampiri dell'informazione senza che it
giudizio espresso poggi, come una volta con la religione o la poesia, su
un sistema di simboli grazie ai quali la società poteva prendere
coscienza di se.
Il suicidio difficilmente è causato da motivi individuali,
appartiene a tutti.
Interessante è quello che afferma fondatore della moderna sociologia
Emile Durkheim: "E' la costituzione morale della società a fissare in ogni
istante il contingente di morti volontarie. Esiste dunque per ogni
popolo una forza collettiva, di determinata energia, che spinge gli uomini ad
uccidersi. I movimenti che ii paziente compie e che a prima vista
sembrano esprimere soltanto it suo temperamento personale, sono in realta la continuazione ed it prolungamento di uno stato sociale che manifestano
esterioramente"...."...Ogni gruppo sociale ha realmente per
quest'atto una tendenza collettiva che gli è propria da cui derivano le tendenze
individuali e non essa da queste ultime.
E' costruita da correnti
d'egoismo, d'altruismo o di anomia che travagliano la società considerata, con
le conseguenti tendenze alla melancolia languida od alla rinuncia attiva,
od alla stanchezza esasperata.
Sono queste tendenze della
collettività che, penetrando gli individui, li determinano ad uccidersi.
Per quel che riguarda gli avvenimenti privati, i quali sono in genere
considerati cause immediate del suicidio, non hanno altra azione che quella
datogli dalle disposizioni morali della vittima, eco dello state
morale della società.
Per spiegare il suo distacco dall'esistenza, il soggetto se la prende con le circostanze che più gli sono vicine:
trova la vita triste perché è triste. Indubbiamente la tristezza
gli viene, in un certo senso, dall'esterno, ma non da questo o
quell'incidente della sua carriera, bensi dal gruppo di cui fa
parte. Ecco non esiste nulla che possa servire da causa occasionale
al suicidio. Tutto dipende dall'intensità con cui le cause
suicidogene che hanno agito sull'individuo." (pp 261-262 Durkheim
"Sociologia del suicidio" ed. Newton Compton Roma, 1973)
"L'intensità" e appunto un'antenna privilegiata
con la quale gli artisti, captano, per se e per gli altri, quei
sintomi propri di un'epoca non immediatamente percettibili da tutti
ma dai quail spesso conseguono le cause che rnodificano, nel tempo,
la maniera di vivere.
IO SONO UNO CHE PARLA TROPPO POCO
Cerchiamo di ricostruire cosa deve aver "visto"
Luigi Tenco con maggior chiarezza dei suoi tanto saccenti contemporanei.
In "Io sono uno" canta: "Io sone uno che parla troppo poco, questo e
vero, ma nel mondo c'e tanta gente che parla, parla, parla sempre,
che pretende di farsi sentire e non ha niente da dire".
E fa terminare la
canzone con una precisa accusa a quei signori che usano le parole per stare a
galla in una situazione, che prima o dopo, li farà, crollare:
"io sono uno
che non nasconde le sue idee, questo é vero perché non mi piacciono quelli che
vogliono andar d'accordo con tutti e che cambiano ogni volta bandiera per
tirare a campare."
Davanti a questa situazione spropositata, Tenco si augura, e questa volta i versi sono
estrapolati dalla canzone"Ciao, amore ciao" di " non saper far niente, in
un mondo che sa tutto"e quindi di "andar via lontano, cercare un altro
mondo, dire addio al cortile, andarsene sognando e poi mille
strade grigie come il fumo, in un mondo di luci sentirsi nessuno" e
per chi non avesse ancora capito precisa di "non avere un soldo
nemmeno per tornare" come se Caronte fosse disposto a ritraghettarlo
indietro.
Questo desiderio di fuga non è dovuto da
nevrastenia o da una "struttura psicotica" come farebbe comodo alto
psicologo Claudio Modigliani, di cui copra abbiamo riportato le
fragili deduzioni ma da spietato realismo.
Per poter vedere crollare
it sistema d'informazione, it famigerato quarto potere, bisognerà
aspettare che gli stessi meccanismi che ne garantiscono la
funzionalità arrivino ad un tal punto di degenerazione da autodistruggersi.
Questo sistema si basa sul principio per cui, ad
una data informazione corrisponde una data reazione, ed e quindi
consigliabile, a chi voglia esercitare un certo potere sugli altri,
appropriarsi dei mezzi di comunicazione al fine di manipolarli e fin
qui tutto sembrerebbe logico e antico.
Le difficoltà incominciano
quando questo ipotetico signore deve costruire un linguaggio
funzionale al sue scopo.
Se questo linguaggio non ha dietro qualche
contenuto concreto e riconoscibile, alla lunga diventa vuoto e la
gente, accorgendosene ne recepisce l'esatto contrario rimandando
come un boomerang indietro i significati.
Fu, per esempio, il caso della Polonia quando radio, televisione, giornali, utilizzarono la lingua leninista,
ormai priva di rapporti con qualsiasi realtà fattuale che ottenne di fare propaganda a
Solidarnosc, suicidandosi lentamente ma inesorabilmente.
Tenco era
nel giusto quando voile prendere il toro per le corna partecipando a
Sanremo, infatti la canzonetta nella quale trovano sfogo le
ideologie da strapazzo dei parolieri che consumano la vita in una
solitudine egoista fatta di furbizia, di furti più o meno ipocriti,
di qualche bisogno collettivo, non poteva che finire.
Gli
anni che
sono seguiti a quel triste gennaio 1967, con un fiorire veramente
entusiasmante di testi serissimi da Dalla a Conte, da Guccinia Battiato, gli ha dato parzialmente ragione.
Noi
che gli siamo sopravissuti possiamo vedere come però, it breve
dedennio degli anni '60, quando it Festival di Sanremo sembrava un
museo di brontosauri davanti al quale una tournée come "Banana
Repubblic" di Dalla e De Gregori poteva apparire come una vera e propria
rivoluzione culturale., stia anch'esso declinando.
Non è pensabile
infatti che un gruppo di rappresentanti l'intellighenzia canterina
riesca con il semplice esempio a far cambiare idea a un intero
popolo imbesuito davanti a Romina e Al Bano per it fatto stesso di
essere gruppo e intellighenzia, ovvero qualcosa di molto lontano
dalla vita di tutti i giorni.
Tenco lo aveva capito quindici anni fa e la sua
sensibilità lo portò a rinunciare alle parole, all'intellighenzia,
per dare un messaggio fisico, l'unico che la gente, almeno quella
sincera, non avrebbe potuto fraintendere.
A questa proposito scrive il poeta Alfonso Gatto:
"non è un messaggio "intellettuale", anche se
Tenco, per intellingenza, per sensibilità, per cultura, apparteneva
alla famiglia dei poeti che sanno il valore, it peso, la
responsabilità delle parole e di esse vivono e cercano di vivere in
un rapporto di conoscenza e di amore con gli altri uomini, per un
tentativo di essere la vita e di chiederle la conferma dei suoi
valori. Il messaggio che Tenco ci ha lasciato con la sua morte è un messaggio fisico che c'investe col chiederci se sappiamo pagare di
persona le nostre scelte, se riusciamo a patirne sulla pelle la
sferza degli organizzatori (dai più alti ai più bassi) che
continuano a organizzare feste, festini e cattivo tempo in nome di
una "pacificazione" para-franchista che pareggia vittime e vincitori, lutti
e allegria".
Gatto prosegue con animo veritiero, come solo i poeti sanno fare, ascoltando, come se avesse
sentito mormorare da qualche parte i versi orfici di Dino Campana,
il messaggio che la tristezza e la solitudine di Tenco ci possono
ancora mandare:
"questa tristezza e questa solitudine sono nell'animo di tutti i giovani che lottano, e spesso sentono di lottare invano, che non
vogliono arrendersi a ì strumentare il proprio essere in nome dell'avere, che
resistono a durare e a vivere per le proprie idee, per una media di
comune intelligenza, di igiene comune, di solidarietà operante, che li
salvi dalla remissione al fatto compiuto.
Il fatto .compiuto, che ci fa
piangere per una giornata di giubilo commemorativo, ci restituisce poi agli
errori, alla vilta, alle rinunce, all'ordinata amministrazione
dell'oblio per le vittime e all'accanimento, all'odio, alla solitudine
per chi resiste, per chi lotta sino all'ultimo e sarà egli stesso vittima
un'altra volta.
Caro, caro Tenco: non lo diremo mai povero,
nemmeno col nostro affetto, nemmeno col nostro rimpianto. Poveri e
squallidi sono soltanto i suoi mancati amici, i mancati ascoltatori che
non hanno creduto a lui e elle sue timide, ma chiare parole di poeta,
che non lo hanno difeso dall'ironia di quegli occhi ebeti e
sornioni che dalla piatea lo fissavano come un pazzo sovvertitore
stretto alle sue mani, affidato per l'ultima volta alla sua voce,
come a dirgli "Perché stai qui, a non con i poeti delle poesie
illeggibili, perché sei qui e non sulle barricate di tanti anni fa .
Le barricate possono tornare sempre di moda, anche se i parolieri di
Sanremo e d'altre sedi vacanti per distrazione ci assicurano di no.
Quanto ai poeti, almeno a nome mio, che sono uno tra loro, posso
dirvi che la morte di Tenco non.è un fatto compiuto, ma un fatto da
aprire ogni giorno come un atto d'accusa contro i "soliti ignoti"
che sono al potere dell'acclamata vita nazionale". (da Vie Nuove,
1967)
Ecco come l'atto di Tenco non può assolutamente
essere considerato individuale ed ecco come la ragione per la quale
è stato reso possibile continua a vivere ancor oggi.
In una realtà
immobile, conservatrice, fossilizzata è naturale che scoppi un
attrito con chi voglia muoversi, cambiare le regole del gioco, ed a
veramente spaventoso che un intellettuale come Parise non abbia
capita che la posta in gioco non era la canzonetta ma chi le sta
dietro e qui con piacere citiamo le parole di un altro poeta, uno dei più grandi, Salvatore Quasimodo:"
Luigi
Tenco ha voluto
colpire a sangue il sonno mentale dell'italiano
medio.
La sua ribellione che coincideva con una situazione personale di
uomo arrivato alla resa dei conti con la carriera, ha però ancora una volta
urtato contro il muro dell'ottusità.
Chi non e in grado di domandare un
minimo di intelligenza ad una canzone, non può certo capire una morte.
Il risultato del Festival ha reso ancora più stridente it contrasto tra la
reazione delle giurie e l'impegno che Luigi Tenco aveva sperato di
richiamare con la violenza contro se stesso.
Perciò pensiamo che pochi lo
abbiano capito e per questo non vogliamo dimenticare it suicidio di Luigi
Tenco (Il
Tempo, febbraio, 1967).
Abbiamo fin qui visto di come esista nel
sottosuolo una polveriera, di come possano uscire giganteschi e spaventosi
geni al servizio della verità se i poeti strofinano le loro lampade
d'Aladino, e di come, malgrado tutto ciò, un sonno profondo avvolga
il pensiero comune della gente che si meraviglia della morte
volontaria di un artista quando non sa di concorrere alla morte volontaria
di un'intera società.
Se il non poter comunicare è una delle cause di
questo andare verso it baratro, vi sono molti altri sintomi degenerativi che
alla sensibilità. di Luigi Tenco dovevano essere sembrati come mostri,
qualche volta comprensibili, qualche volta no: vediamone alcuni.
L'AMORE
L'amore, la sua durata, la sua utilità è come il
suicidio, viene considerato un fatto individuale e, come tale, viene
spesso studiato dagli psicanalisti.
L'amore, che si crede
cosi originalmente libero dalle pianificazioni, dovrà
vestire l'abito dei dati„ dovrà partecipare ad uno dei più
importanti referendum politici, dovrà concorrere a cambiare alle radici i
costumi del popolo.
Nnn a caso Durkheim, cosi attento a trasformare
in cifre, qualsiasi dato sociologico che potesse venirgli comodo per
la sua indagine, non cita mai fra le cause sociali del suicidio
l'amore perché, nel 1897 anno nel quale pubblicò it suo saggio, la
rilevanza di questo fenorneno era quasi nulla.
L'uomo medio si
sposava tardi dopo aver scopacchiato con le puttane e aver
trattenuto una casta amicizia con colei che sarebbe diventata sua
moglie.
Una donna programmata fin dall'infanzia a rinunciare al sesso,
a rappresentare la tradizione morale da
tramandare ai figli, ma soprattutto a rinunciare ad amare il proprio
marito, il quale, per quest'ultimo servizio, si sarebbe rivolto all'amante.
Le amanti erano esseri straordinari, potevano capire profondamente
l'uomo perché ne condividevano la predisposizione più atavica:
la gestione del potere.
Dalla più proletaria delle baldracche alla Pompadour non c'era
intrigo, ricatto, diplomazia che non si avvalesse del loro aiuto.
Le une e le altre donne erano di sicura fiducia perché la loro scelta
era fin dal 'inizio obbligante.
Era impossibile una fusione dei
ruoli: nessun marito avrebbe sopportato di vivere accanto a una
libertina e nessuna donna avrebbe mai osato chiederglielo.
Questa atroce divisione dei ruoli aveva però uno scopo nobile che si e
rivelato nei secoli di una certa utilità.
Avendo gli uomini da tempo
iminemorabile rinunciato ad essere civili, essendo riusciti a
bleffare persino con la religione evangelica, non trovarono niente
di meglio che depositare i frutti di queste loro antiche origini nel
mito e nella realtà della madre che per sua natura aveva lo scopo d'influire beneficamente
sul carattere dei propri cuccioli prima che divenissero belve.
In tal modo per secoli l'influenza del padre e del potere statale fu,
negli anni che più contano, quelli dell'infanzia, completamente
assente, in maniera tale da creare nel subconscio degli uomini una
zona meno condizionata da una logica strumentalmente
utilitarista a cui, in casi di degenerazione eccessiva del potere, quell'orda di assassini avrebbe potuto
ricorrere.
Questo fatto spiega fra l'altro la contraddizione
insita nel potere assoluto e quindi illogico e in un certo senso
irreale, che vede la gestione disinvolta di una serie incredibile di
delitti inspiegabili accanto al buon funzionamento della giustizia e
di un senso comune le cui radici affondano in una tradizione
morale millenaria.
Non è importante non commettere
il male ma sapere che il bene è esistito, sopravvive
nell'individuale vita familiare, e ipoteticamente potrebbe sempre un
giorno ritornare ad essere utile alla società.
Questa strada
obbligata del fine culturale da affidare all'amore per la madre dava
all'uomo la possibilità di vivere amori extra-coniugali o pre-coniugali
con un'indescrivibile carica liberatoria, eversiva, trasformando
questi rapporti in una pratica ginnico-psichica di grande effetto terapeutico.
Quest'ultimo
"amore" entrò prepotentemente nella letteratura, nel teatro,
nelle chiacchiere da salotto sottoforma di un archetipo divenuto
luogo comune: l'innamorato vive fra le nuvole, è raggiunto da una
freccia scagliata da un divino fanciullo bendato, e da quando viene
colpito vive estraniandosi in una dimensione talmente diversa da
farlo uscir "di senno".
L'incantesimo può anche non finire mai come
nel caso dell'amore fra la Pisana e l'ottuagenario nell'omonimo
romanzo d'Ippolito Nievo: per sopravvivere deve evitare un solo
pericolo, quello di consumare un matrimonio.
Questa divisione dei
ruoli e it meccanismo da essa provocato sopravvive ancor oggi in
larghi strati della popolazione ma, per nostra dannazione e felicità dei giornalisti, gli vive accanto it suo esatto contrario dando
origine a quel fenomeno, ai tempi di Tenco senza nome, che oggi si
chiama crisi della coppia.
La crisi della coppia è il frutto più
vistoso del femminismo, ovvero del desiderio di emancipazione della
donna che vuole essere contemporaneamente madre e amante.
Come madre non vuole avere la responsabilità culturale del matriarcato
che giudica superato, come amante vuole rinunciare ad essere la
terapista del proprio uomo, l'amore lo fa perchè gli place, non per
curare qualcuno.
La patata è piuttosto bollente e il povero Tenco,
che nella sua canzone pia famosa dichiara di essersi innamorato
perché non aveva niente da fare, per un bisogno vecchio stampo di
compagnia, si trova con le mani in mano a dire "adesso non so
neppure io cosa fare, it giorno mi pento di averti incontrata, la
notte ti vengo a cercare".
Quando l'archetipa compagna entra nel
merito della fusione amante-madre lui stizzito le urla
addosso: "Un giorno di questo ti sposerò, stai tranquilla, cosi la
smetterai di darmi il tuo amore con il contagocce".
Più avanti
denuncia la sua scettica incredultà sull'amore matrimoniale:
"un giorno di questi ti
giurerò d'amarti sino all'ultimo giorno ma tu sai già benissimo che non si
può sapere cosa sarà domani".
Quel "tu sai benissimo" è una
rievocazione di quelle regole sopra un po' sbrigativamente da me
illustrate.
L'amore deve essere, meraviglioso, sulle nuvole, vissuto in uno
stato di demenziale leggiadria, guai ad
aprire gli occhi, guai ad essere consapevoli di quello che si
farà domani.
Le canzoni d'amore di Tenco non sono mai distese, sono
costruite con una bomba ad orologeria nell'interno che, all'ora X, deve assolutamente scoppiare mandando tutto in vacca.
Più che
altro sono canzoni d'amore solo in apparenza, in realtà sono canzoni
sociali, e anche in questo caso, gli avvenimenti verificatesi dope la
sua morte, gli danno assolutamente ragione.
La contraddizione è in questi termini: l'amore esiste e sempre esisterà ma i presupposti
sociali sui quali veniva consumato, sono irrimediabilmente saltati,
cantare l'amore che è vita in questo stato, è sotto sotto come cantare la morte.
Ecco venuta a galla un'altra predisposizione al
suicidio che solo degli ignoranti potrebbero credere di origine solo
individuale.
Fa bene Alfonso Gatto a precisare, nel pezzo sopra
riportato, che "poveri e squallidi sono soltanto i mancati
ascoltatori che non hanno creduto a lui e alle sue timide ma chiare
parole di poeta."
La differenza fra un poeta ed un paroliere sta
tutta in quel "chiare" che si contrappone a "scure". Chiaro
è it sole, è l'Apollo del mito che fornisce ai poeti la luce per capire
gli enigmi delle parole, le quali, pur conservando una miriade di
significati diversi da quelli che il loro artefice vorrebbe, nella
poesia si mostrano attraverso una particolare visuale che, per chi
sa "ascoltare", non può dar adito a dubbi.
E' cosi che il vero testamento di Tenco lo ha dato lui stesso con
il suo sapere poetico
e musicale. Spesso, nelle odierne composizioni dei cantautori, nascono
prima le musiche, le basi, e poi le parole, con il risultato di
ottimi prodotti ma spesso un po' sconclustonati.
Non è il caso di Tenco per il quale le musiche sono di un'importanza incredibile e si fondono
con le parole rimarcandone ancora di più lo spessore poetico.
In "Mi sono innamorato di te", it carattere preponderante
viene dato da un' atmosfera di noia esistenziale carica di quella nevrosi che negli anni '60
serviva da condimento per discorsi
mondani e altre pietanze culturali.
In questa canzone la linea melodica è composta con una serie di progressioni dove apparentemente non succede
mai nulla ma che sortiscono l'effetto di creare nell'ascoltatore uno stato di
ansia e di sospensione fino a farlo meditare sullyachiusa "parlare
d'amore", dominante tonica che rappresenta il nocciolo della
questione.
Nella canzone Tenco non vuole informarci d'essere
innamorato, o di avere bisogno dell'amore perché tutto questo è già
ampiamente seontato nel mondo della canzonetta, vuole farci meditare
su quel "parlare d'amore" che ne rappresenta la bomba ad orologeria.
Parlare d'amore significa rendersi conto che esiste un discorso
sull'amore tutto da fare e, l'apparente noia delle situazioni
precedenti, la monotonia tutta esistenziale di questo strascicarsi
nella vita, gli va fatalmente incontro.
Se l'amore e l'impossibilità
di comunicare sono due fra le cause storiche che hanno concorso alla
morte di Tenco, non meno importante è la predisposizione al fascismo
che l'Italia, presto dimentica delle atrocità del ventennio, non ha
mai eliminato del tutto.
IL FASCISMO
'Cara maestra, un giorno m'insegnavi che a questo
mondo not siamo tutti uguali. Ma quando entrava in classe it
direttore tu ci facevi alzare tutti in piedi e quando entrava in
classe il bidello ci permettevi di restar seduti.
Mio buon curato,
dicevi che la chiesa e la casa dei poveri, della povera gente.
Però
hai rivestito la tua chiesa di tende d'oro e marmi colorati, come
può adesso un povero che entra sentirsi come fosse a casa sua?
Egregio sindaco, m'hanno detto che un giorno tu gridavi alla gente "vincere
o morire" ora vorrei sapere come mai, vinto non hai. eppure non sei
morto e al posto tuo è morta tanta gente che non voleva ne vincere
ne morire"
Questi versi che compongono tutta la canzone "Cara
Maestra", non hanno nulla di casualmente protestatario, come in
molte liriche dell'epoca e, pur nel limite di una canzone, per ragioni di tempo sempre esageratamente essenziale, riescono
attraverso l'analisi dei suoi peccati, a scovare il "malandrino" qui
in veste simbolica di sindaco: la continuazione della mentalità fascista.
Ho voluto mettere fra le cause suicidogene anche la mentalità fascista perché credo che i meccanismi al suo interno
siano paragonabili a quelli del quarto potere rappresentato dalla
stampa,
meccanismi che hanno qualcosa di perverso, agiscono come variabili
impazzite dell'antica tradizione del potere ottenuto con l'uso della
demagogia condivisa.
Gli stati liberal-sociali dei paesi nordici o
le dittature oligarchiche del passato, riproducono regole molto
precise, e quando si verificano cambi di potere o di classi al
potere come in Francia, la stabilità psichica della società non ne viene investita più di tanto.
Per la
"mentalità fascista" è un'altra faccenda.
Questo
fenomeno può essere avvicinato, come scala di valori, alla mentalità calvinista o alla "mentalità del socialismo reale,
è insomma un fenomeno con forte caratterizzazione etnico-antropologica
e vive di una
sua vita autonoma per definizione "interclassista".
Tutta l'azione
politica di Tenco è imperniata, non contro questo o quel partito,
ma contro gli attributi della "mentalità fascista".
Dove trova
ipocrisia, esige lealtà, dove indegnità di giudizio, come nel caso di
Sanremo, dignità nelle scelte, dove retorica, antiretorica.
Tenco aveva una paura quasi eccessiva della
vaghezza, non sopportava l'imprecisione e il gratuito dietro il quale si
nascondono sempre i doppio-giochisti.
In un'intervista dibattito
riportata da "Cronaca"del 6/2/1967 se la prende con chi vuole imporre le canzoni di protesta contro la guerra per imitare anche` in
questo gli americani.
Vale la pena di riportare questo brano perché
caratterizza magistralmente la sua personalità esemplificando la tesi sopra
enunciata.
"Quanto alla protesta contra la guerra, io dico
sinceramente, magari farò anche delle canzoni per protestare contra la
guerra ma e come dire che di mamma ce n'e una sola, che siamo
tutti fratelli ..
Ma che vuol dire?
I giovani in America protestano
contro la guerra perche l'America è. un paese in guerra, perché i
suoi ragazzi stanno in questo momento partendo, molti vanno a morire ...
Ma da noi qui, la guerra, la protesta contro la guerra, non
prende nessuno.
Noi abbiamo molte altre cose contro cui protestare.
Possiamo
protestare contra il clericalismo, l'affarismo, la corruzione, la
mancanza di una legge sul divorzio, gli scandali a ripetizione, il qualunquismo, la burocrazia
bestiale....questa protesta non viene
mai fatta.
Preferiamo scimmiottare le proteste americane, cosa oltretutto facilissima
qui in Italia, dato che non c'e
nessuno che si sente pizzicato quando gli dici che è sbagliato
morire, viva la pace etc.
Parlagli del divorzio, della mafia e
di altre faccende che scottana, e allora vedrai che la gente si
arrabbia e ti da addosso".
Da queste dichiarazioni saltano fuori le crisi di un uomo come eco della
crisi di un intera società incapace di essere seria
nemmeno con la protesta, per un'antica avversione al realismo, per
un'attitudine gaglioffesca al gioco, a vestirsi con abiti da parata,
a nascondersi dietro infinite maschere.
Quante sconfitte del
movimento degli studenti nato nel '68 si devono attribuire a queste
cause?
La realtà, del colpo di pistola in una situazione cosi
pesantemente tragica è l'atto meno surrealmente kafkiano che si possa
fare ed è ridicolo scambiare mitomania per lucidità mentale.
Oggi
Luigi Tenco è davanti a noi, molto calmo, ci parla ancora, senza
retorica, della sua morte. Cerchiamo d'ascoltarlo.
POST SCRIPTUM
La rilettura di questo mio saggio su Luigi Tenco mi ha creato un
infinità di problemi.
Come è stato possibile affrontare il problema della morte senza mai
citare il suo tabù, eppure nel 1975 Louis-Vincent Thomas, antropologo
francese, aveva già pubblicato "Anthropologie de la mort" tradotto in
Italiano da Garzanti nel 1976.
In quel libro Thomas scrisse che: "esistono società che rispettano
l’uomo: sono quelle in cui la vita, seguendo la saggezza, protegge se
stessa lasciando spazio all’idea della sua fine. E, al contrario, ci
sono società necrofile, devastate da ossessioni patologiche: sono le
nostre, in cui la cultura della morte è negata e sepolta con la stessa
cura con cui si sotterrano i cadaveri. L’esperienza concreta
dell’antropologia dimostra che negare la morte genera un’altra morte".
Già nel Mahābhārata, il poema sanscrito risalente al IV secolo a.C,
viene chiesto a Yudhisthira quale fosse per lui fra tutte le cose
della vita, la più stupefacente?
La risposta fu : “l’uomo, perché vedendo altri morire intorno a sé, non
pensa mai che morirà”.
Qualche annetto dopo venimmo a conoscenza che Jung era convinto che : "
l’anima collettiva dell’umanità considerare la morte come un compimento
del significato della vita e come scopo specifico di essa, che non come
una mera cessazione priva di significato.
Chi dunque si associa all’opinione illuministica rimane psicologicamente
isolato e in contrasto con quella realtà umana universale a cui
appartiene egli stesso".
Ma perché mai non trattare la morte come il tabù dell’incesto o del
sesso ma come un pensiero non ammissibile, proibito, l’unico
argomento rimasto intoccabile nel bel mezzo di violenza, crudeltà, abusi
esibiti raccontati ogni giorno dalla stampa come rimozione della nostra
morte individuale?
Un altra domanda che mi sto facendo è che ogni tabù possiede
i suoi Totem mentre la morte non riesce a crearli se non per negare la
sua esistenza: la morte degli altri, le immagini del lusso , la
provocazione dell'uso della croce da pare di pop star come madonna e via
farneticando.
Il tabù della morte non si accontenta nemmeno della sua "rimozione"
preferisce sparire del tutto. po
Rimarrò a lungo a farmi queste domande con un unica certezza: saranno
certamente pochissimi ad aiutarmi a percorrere questo sentiero!
CRONOLOGIA
1938 Nasce a Cassine in provincia di Alessandria it 21
marzo.
1956 Lo troviamo a Genova al liceo scientifico con un
compagno, poi diventato famoso, Bruno Lauzi, A Genova frequenta
negli anni degli studi anche tutti gli altri membri della cosiddetta
"scuola genovese": Gino Paoli, Giampiero Reverberi, Umberto Bindi,
Fabrizio De Andre.
Come studente Luigi e di un'irrequietezza
indescrivibile, anticipando, anche in questo, it malessere che dopo
la sua morte investirà un'intera generazione.
Arriva alla maturità scientifica da privatista
poi s'iscrive ad ingegneria, poi a scienze politiche, consapevole
della sua particolare predisposizione ad occuparsi di problemi
sociali.
Non si laurea perché la musica da hobby diventa pian piano
it suo lavoro, prima come sassofonista e poi come cantante poeta.
1959 Lo troviamo come sassofonista e cantante sotto it
nome di Gigi Mai nel complesso "I Cavalieri".
In quell'anno, con
questo complesso, pubblica il suo primo disco che vede una ben strana
band che vale la pena di ricordare: al vibrafono Reverberi, al
clarino Tomelleri, al pianoforte Enzo Jannacci, alla batteria Nando
De Luca.
Scrive di questo periodo Enrico De Angelis: "con "I Cavalieri" incise varie altre cose, anche sotto lo pseudonimo di
Gigi Mai. I pezzi erano quasi tutti già firmati da lui stesso, ma
erano dei rock alla moda, dal testo gioviale e svagato: dei rock che
gli si possono anche perdonare, tanto erano assurdi, ingenui, mai
sguaiati, eppur sempre non lontani dalla vena jazzistica della sua
prima ispirazione. Allora, insomma, Tenco, era forse piu attento alla musica, alla tematica interpretativa,
piuttosto che a quella spontaneità originale propria delle sue
composizioni future.
Non furono i suoi unici "peccati di gioventu"
perché continuo cosi, almeno in apparenza, per un paio d'anni, col
nome di Dick Ventuno, incise in un 33 giri due brani mediocri del
Festival di Sanremo 1961 (che fu peraltro il trionfo dei cantautori
affermati prima di lui): con quello di Gordon Cliff si faceva passare
per americano interpretando "Parlami d'amore Maria" e "Love is here
to stay" di Gershwin in un inglese sensuale alla Nat King Cole.
1960 Incide una delle canzoni d'amore pia tenere: "Quando"
e una ventata di delicato lirismo invade l'ambiente musicale
italiano che incomincia ad accorgersi di questo strano cantante poeta che
aspetta il suo amore sognando una musica dolce di violini in una
situazione troppo astratta per essere usuale
Sempre nello stesso anno incide "II mio regno", canzone piena di ansia d'evasione, da molti
considerata la prima canzone fortemente caratterizzante it suo mondo.
1961 Fra le canzoni che incide in quest'anno
ricordiamo "Una vita inutile", amaro presagio di
quello che gli
sarebbe successo quindici anni dopo: "provai ad assere qualcuno,
però sono rimasto nessuno, provai a diventare un poeta, ma il mondo
non ho capito ancora."
Sempre nello stesso anno recita come attore protagonista
nel film di Luciano Salce "La cuccagna". Dal film viene estratto un
disco dove canta canzoni non sue fra cui "La ballata dell'eroe"
dell'allora sconosciuto Fabrizio De Andre-
1962 Esce it suo primo LP che rimane uno dei migliori
con canzoni poi diventate famosissime.
E' il disco della celeberrime: "Mi
sono innamorato di te", "Angela", "Una brava ragazza", dove l'amore viene
visto sotto un'ottica del tutto nuova, quella di uno strano oggetto
misterioso con il quale bisogna fare i conti.
Sempre nello stesso LP vi è
"Cara Maestra", una canzone schiettamente politica che, per
contrasto con le altre composizioni, sembra in quel contesto ancor più rivoluzionaria.
1964 Esce un suo 45 girl con due canzoni "Ragazzo
mio" e "No, non ò vero" dove Tenco sembra voglia radicalizzare it suo discorso
probabilmente per non lasciare, in chi comincia a tacciarlo
d'opportunismo di sinistra, il minimo dubbio sulle sue intenzioni e anche per
distinguersi dalle troppo simboliste canzoni di molti suoi compagni
di cordata con i quali incomincia ad 'essere fortemente polemico.
1965 "L'anno del suo secondo grande microsolco
è un'altra collana di piccoli capolavori.
L'intimistica "Ho capito che
ti amo" sulla linea di "Mi sono innamorato di te" che lo riporta a
contatto con it grande pubblico, "Non sono io che ribadisce la
rinuncia ai sogni e ai voli", la bellissima "Ah,., ah l'amore,
l'amore" poi ripresa dalla Vanoni; "io lo so già " che inveisce contro
l'arrivismo a tutti i costi, l'opportunismo cinico, l'egoismo; e, per contro, due nuove
confessioni d'incapacità ed inadeguatezza "Se potessi amore mio" e la
splendida "Vedrai, vedrai" che riprese pih tardi; e poi ancora l'ironica
deliziosa "Ballata dell'amore", la brechtiana "Quasi sera".(Da una
conversazione tenuta da Enrico De Angelis al teatro Ariston di Sanremo iò
15/9/1972).
1966 In questo anno, l'ondata del folk e della protesta
prese piede anche in Italia. E' un'occasione che Tenco non potè non
cogliere, anche se più volte polemizzò, a ragione, con la mania
anglo-americana che a quell'ondata era connessa. " Invocò, proprio
come quattro anni prima, una musica popolare nostra, italiana,
genuina. Tenco spiegò queste opinioni in una conferenza stampa che si
ricorda ancora oggi. Aveva in serbo molti progetti, stava
preparandom per esempio, un' antologia discografica del nostro
folklore che non fece in tempo a vedere la luce. Fu
un maestro e un antesignano del "folk" e una grande casa discografica
aveva deciso di lanciarlo sul mercato. Gli affidarono persino
l'occasione di una sigla per un programma di largo successo, quello
di Maigret e poco dopo fu inserito addirittura nel "disco per
i'estate". Tenco non si lasciò incantare da questi allettamenti e ne
usci benissimo sul piano artistico con un "Giorno dopo l'altro" e
con "Lontano lontano". Forse, per l''ennesima contraddizione, fu
proprio tutto questo l'inizio della fine. In autunno venne
pubblicato it suo terzo 33 giri, acceso ed orgoglioso più che mai,
nei testi come nelle musiche. Eccolo irrompere ancora contro
l'egoismo, l'inerzia, l'oppor-unismo, l'ipocrisia, il falso
perbenismo, la violenza, it fascismo, il razzismo: "Io sono uno,"
"E se ci diranno", "Ognuno e libero", "Ma dove vai", "Uno di questi
giorni ti sposerò, e le due pubblicate postume, ma che risalgono a
quello stesso periodo "Il mondo gira" e "ftLi vidi tornare". (Enrico
De Angelis op. cit.)
1967 La sera del 27 gennaio 1967 a Sanremo si spara
con una Walter Ppk calibro 7,65. Lascia scritto: "Io ho voluto bene
al pubblico italiano e gli ho dedicato a cinque anni della mia vita.
Faccio questo non perché sono stanco della vita (tuttlaltro) ma come atto di
protesta contro un pubblico che manda "Io, te e le •rose" in finale e una
commissione che seleziona "la rivoluzione". Spero serva a chiarire
le idee a qualcuno. Ciao, Luigi" Nello stesso anno Ornella Benedetti
fonda it club Tenco di Venezia pubblicando subito un libro "In
ricordo di Luigi Tenco" con prefazione di Enrico De Angelis e,
invece delle solite commemorazioni strappate a qualche tuttologo di passaggio,
il libro presenta
un'antologia di poesie a lui dedicate da ragazzi dai diciassette ai
venticinque anni. Il club fondò anche un giornale che parlò di droga, di disadattati, pacifismo, manicomi,
emarginazione e naturalmente di canzone d'autore.
1969 fu l'anno nel quale uscì un LP dalla Ricordi "Pensaci un po'" dove i
compilatori, con assoluta mancanza di sensibilità umana e critica, unirono
la versione inglese di "Parlami d' amore Mariiù"
a " I mio
regno","La mia geisha" a "Quando".
1971 Il fondatore e ideatore del Festival di Sanremo,
Amilcare Rambaldi, propose alla sua città di far nascere, accanto
alla celeberrima.manifestazione canora, una rassegna sulla canzone
d'autore intitolata a Luigi Tenco e per l'occasione nacque it "Club
Tenco di Sanremo" che ogni anno è ancora punto di riferimento, colto e
spettacolare assieme, di ciò che di meglio in campo nazionale e
internazionale si e fatto durante l'anno in questo genera musicale.
1976 Esce "Morte di un cantautore" di Luzzato FegiZ
presso la Gammalibri di Milano
1977 Esce "C'era una volta una gatta" a cura di Gianni
Borgna e Simone Dessi edito dalla Savelli di Roma. Nel libro vengono pubblicati testi oltre che di
Tenco, di Bindi, De Andre, Endrigo, Lauzi e Paoli.
1981 Esce "Luigi Tenco" un libro interamente dedicato
al cantautore, con interventi che vanno dall'assessore della cultura romano
Renato Nicolini allo scrittore Oreste Del Buono alla giornalista
Lietta Tornabuoni, edito dalla Savelli di Roma. In questo libro è d'interesse particolare la guida all'ascolto della musica di Tenco scritta
dalla cantante e musicologa Giovanna Marini.
1982 La Ricordi edita per le edicole un fascicolo
più disco su Luigi Tenco mentre la casa editrice Lato Side, annuncia la
pubblicazione di un libro dal titolo "Luigi Tenco, la vita, i testi
inediti", a cura del poeta torinese Aldo Fegatelli.
DISCOGRAFIA
LUIGI TENCO - 1962
Ricordi . Quando; 02. Una brava ragazza ;
03. La mia valle 04. Cara maestra ; 05. Il mio regno ; 06.
Angela ; 07. Mi sono innamorato di te; 08. Io sì ;09. Il tempo
passò; 10. Come mi vedono gli altri
LUIGI TENCO - 1965 Ricordi: 01. Ho capito che ti amo; 02. Non sono
io ; 03. Ah... l'amore, l'amore ; 04. Ragazzo mio; 05. Io lo so già;
06. Se potessi, amore mio; 07. Tu non hai capito niente; 08. La
ballata dell'amore
09. Com'è difficile; 10. Vedrai vedrai; 11. Quasi sera ; 12. No, non
è vero.
Ripubblicato in cd nel 2003 nel doppio disco LUIGI TENCO assieme
all’album LUIGI TENCO CANTA TENCO, DE ANDRE’, JANNACCI, BOB DYLAN –
1972 e a versioni alternative di brani già noti.
TENCO – 1966 Ricordi; 01. Lontano lontano;
02. Io sono uno;
03. Uno di questi giorni ti sposerò;
04. Come tanti altri ;
05. Se sapessi come fai ;
06. Io vorrei essere là ;
07. Un giorno dopo l'altro ;
08. Ognuno è libero ;
09. Amore, amore mio
10. Ma dove vai? ;
11. E se ci diranno;
12. Vedrai vedrai ;
Ripubblicato in cd nel 2001.
TI RICORDERAI DI ME - 1967 Ricordi: 01. Quando ;
02. Mi sono innamorato di te;
03. Angela;
04. Senza parole;
05. Il tempo passò ;
06. Il mio regno;
07. In qualche parte del mondo;
08. Isy ;
09. Io sì;
10. Quello che conta;
11. Come mi vedono gli altri; 12. Ti ricorderai.
Rpubblicato postumo con brani inediti; edito in cd nel 2002.
SE STASERA SONO QUI - 1967 Ricordi; 01. Se stasera sono qui;
02. Tra tanta gente;
03.Averti tra le braccia;
04. Una brava ragazza;
05. Volevo averti per me;
06. Cara maestra;
07. Come le altre;
08. Se qualcuno ti dirà;
09. Io vorrei essere là;
10. Chi mi ha insegnato;
11. La ballata dell'eroe;
12. Triste sera;
13. I miei giorni perduti;
14. Una vita inutile.
Ripubblicato postumo con brani inediti; edito in cd nel 2002.
ENSACI UN PO' - 1969 Ricordi: 01. Tell me that you love me /
Parlami d'amore Mariù;
02. La mia valle;
03. Love is here to stay;
04. Serate a Mosca;
05. Sempre la stessa storia;
06. La mia geisha;
07. Il tempo dei limoni
08. Pensaci un po';
09. Baciandoti;
10. Vorrei sapere perché ;
11. Quando;
12. Angela;
13. Il mio regno 14. Un'ultima carezza.
Ripubblicato postumo con brani inediti; edito in cd nel 2003.
LUIGI TENCO – 1972 RCA: 01. Ciao amore, ciao; 02. Lontano lontano;
03. Io sono uno;
04. Uno di questi giorni ti sposerò;
05. Se sapessi come fai;
06. Io vorrei essere là;
07. Un giorno dopo l'altro;
08. Ognuno è libero;
09. Amore, amore mio;
10. E se ci diranno;
11. Vedrai vedrai; 12. Li vidi tornare.
Ripubblicato in cd nel 1990 con il titolo LE CANZONI DI LUIGI TENCO.
“Ciao amore, ciao” è il ‘fatale’ brano presentato al Sanremo del
1967, “Li vidi tornare” è la sua versione originaria.
LUIGI TENCO CANTA TENCO, DE ANDRE’, JANNACCI, BOB DYLAN – 1972: 01.
Passaggio a livello;
02. Vita familiare;
03. Prete in automobile;
04. Vita sociale;
05. Ballata dell'arte ;
06. La risposta è caduta nel vento (Blowin' in the wind);
07. Ballata della moda;
08. Ballata dell'eroe;
09. Ballata del marinaio;
10. Giornali femminili;
11. Hobby
Ripubblicato postumo, contiene solo brani inediti; edito in cd nel
2003 nel doppio disco LUIGI TENCO assieme all’album LUIGI TENCO –
1965 e a versioni alternative di brani già noti.
ENCO – 2002: 01. Mi sono innamorato di te;
02. Io sì;
03. Se sapessi come fai;
04. Ah... l’amore l’amore;
05. Angela;
06. Lontano lontano;
07. Se stasera sono qui;
08. Tell that you love me (Parlami d’amore Mariù);
09. Ho capito che ti amo;
10. Come le altre;
11. Una brava ragazza;
12. Pensaci un po’;
13. Il mio regno;
14. Quando;
15. La mia geisha;
16. Quello che conta;
17. Tra tanta gente;
18. I miei giorni perduti19. Tu non hai capito niente;
20. Triste sera;
21. Mi chiedi solo amore;
22. Io lo so già;
23. Non sono io;
24. No, non è vero;
25. Averti tra le braccia;
26. Ciao amore ciao;
27. Vedrai, vedrai;
28. Cara maestra;
29. Ragazzo mio;
30. E se ci diranno;
31. Io vorrei essere là;
32. Un giorno dopo l’altro;
33. Io sono uno;
34. Guarda se io;
35. Una vita inutile;
36. In qualche parte del mondo;
37. Ognuno è libero;
38. Ieri;
39. Senza parole;
40. Sempre la stessa storia;
41. Il tempo dei limoni;
42. Notturno senza luna;
43. Vorrei saper perché;
44. Giurami tu;
45. Mai;
46. Amore47. Non so ancora:
48. Qualcuno mi ama;
49. Ti ricorderai;
50. Se qualcuno ti dirà;.
Biografia
Fonti e Bibliografia
John Lennon una vita complicata
Vinicius de Moraes poeta della lontananza
Scritti su Fabrizio De Andrè e Lucio Battisti
Incontri un po' speciali:
Carmelo Bene, Roberto Benigni, Marlon Brando,
Maria Callas, Federico Fellini, Roberto Guicciardini, Marcello
Mastroianni,
Mario Monicelli, Aldo Palazzeschi, Paolo Poli, Anna Proclemer,
Ettore Scola,
Alida Valli, Luchino Visconti e Cesare Zavattini
II
mio amico Ivan Graziani
Ancora canzoni & saggio su Renato Zero:
incontri con Sergio Bardotti, Renato Carosone, Domenico Modugno,
Gianna Nannini, Roberto Vecchioni.
Note su John Lennon, Gino Paoli, Elvis Presley, Paul Simon, Rod
Stewart, Sting e Stevie Wonder
Attrici & Dive:
Joan Crawford, Greta Garbo, Eleonora Giorgi, Daria Halprin,
Audrey Hepburn.
Angelina Jolie, Nicole Kidman, Vivien Leigth, Virna Lisi,
Sophia Loren, Pupella Maggio,
Lea Massari.Mariangela Melato, Giovanna Mezzogiorno, Marilyn
Monroe, Julia Roberts
Scrittura & Cinema:
Jane Austen, Giovanni Boccaccio, Heinrich Böll, Gesualdo
Bufalino,
Albert Camus, Truman Capote, Suso Cecchi D'Amico, Agatha
Christie, Jean Cocteau, Gabriele D'Annunzio,
William Faulkner, Francis Scott Fitzgerald, Ian Fleming,
Gustave Flaubert,Tonino Guerra, Peter Handke, Milan Kundera,
David Herbert Lawrence,
Henry Miller, Eugene O'Neill, John Steinbeck, Bram Stoker,
Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Oscar Wilde, Tennessee William
Attori & Comici
Woody
Allen, Richard Burton, Charlie Chaplin, Alain Delon, Dario Fo,
Marcel Marceau, Chico Marx,
Walter Matthau, Philippe Noiret, Ettore Petrolini, Mickey
Rourke, Ugo Tognazzi, Peter Ustinov
Il Rovescio della Medaglia
considerazioni sui luoghi comuni
Shakespeare & Plank
considerazioni sul teatro: Il mio amico Giovanni Testori,
Alfieri, Ariosto, Artaud, Beaumarchai,
Calderón de la Barca, Goethe, Goldoni, Hofmannsthal, Ionesco,
Joyce,
Tadeusz Kantor, Machiavelli, Manzoni, Maupassant, Molière,
Svevo,
Tasso, Raffaele Viviani, Wedekind
Il Fingitor cotese sapere come finzione
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