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A

LUIGI TENCO
ascoltando la morte
Armando Curcio Editore, Roma 1983.


 

ASCOLTANDO LA MORTE

"La luce del crepuscolo si attenua:
inquieti spiriti sia dolce la tenebra
Al cuore che non ama più!
Sorgenti sorgenti abbiam da ascoltare,
Sorgenti, sorgenti che sanno
Sorgenti che sanno che spiriti stanno
Che spiriti stanno a ascoltare...
Ascolta: la luce del crepuscolo attenua
Ed agli inquieti spiriti è dolce la tenebra:
Ascolta: ti ha vinto la sorte:
Ma per i cuori leggeri un'altra vita è alle porte:
Non c'è di dolcezza che possa uguagliare la morte
(Dino Campana da "I canti orfici")

"Forse un mitomane che ha subito in pieno tutta la Legge del consuno fino al.consumo totale" (Goffredo Parise su Paese Sera del 28/1/1967)

"La morte e una cosa troppo seria per mescolarla alle frivolezze di un Festival. Era un cosi bel ragazzo • • • (Dacia Maraini su Paese Sera 28/1/1967)

"La struttura "psicotica" di tipo melanconico, ha prodotto un "corto circuito", cioè un distacco prematuro della vita. In questi soggetti l'attaccamento alla vita è labile, e come se queste persone non fossero mai nate completamente e definitivamente e sentissero sempre una specie di richiamo nostalgico verso l'inerzia prenatale (Claudio Modigliani, psicanalista su Paese Sera del 28/1/1967)

Fra i versi di Dino Campana e le bestialità sopra riportate c'è la notte nella quale l'ordine costituito del senso comune consuma la propria pigrizia mentale.
Da una parte la morte è momento sapienziale, la sua natura è "sorgiva ", ad essa ci si avvicina per "ascoltare", e dove sembra abbia "vinto la sorte", i "cuori leggeri" ritrovano un'altra "vita" che è "alle porte".
Sull'altro versante  vi è il  termine di un discorso che continua senza di lei,  sinonimo di esclusione, appartiene all'individuo Luigi Tenco invadendo it campo del sociale solo genericamente nella frase di Parise con la trita sparata sul consumismo.
Ecco it frutto di un laicismo tutto superficiale senza radici profonde, dove it fatto di poter accedere, con relativa facilità, ai mezzi di comunicazione di massa, premia i veloci di lingua, i vampiri dell'informazione senza che it giudizio espresso poggi, come una volta con la religione o la poesia, su un sistema di simboli grazie ai quali la società poteva prendere coscienza di se.
 Il suicidio difficilmente è causato da motivi individuali, appartiene a tutti.
Interessante è quello che afferma fondatore della moderna sociologia Emile Durkheim: "E' la costituzione morale della società a fissare in ogni istante il contingente di morti volontarie. Esiste dunque per ogni popolo una forza collettiva, di determinata energia, che spinge gli uomini ad uccidersi. I movimenti che ii paziente compie e che a prima vista sembrano esprimere soltanto it suo temperamento personale, sono in realta la continuazione ed it prolungamento di uno stato sociale che manifestano esterioramente"...."...Ogni gruppo sociale ha realmente per quest'atto una tendenza collettiva che gli è propria da cui derivano le tendenze individuali e non essa da queste ultime.
 E' costruita da correnti d'egoismo, d'altruismo o di anomia che travagliano la società considerata, con le conseguenti tendenze alla melancolia languida od alla rinuncia attiva, od alla stanchezza esasperata.
Sono queste tendenze della collettività che, penetrando gli individui, li determinano ad uccidersi.
Per quel che riguarda gli avvenimenti privati, i quali sono in genere considerati cause immediate del suicidio, non hanno altra azione che quella datogli dalle disposizioni morali della vittima, eco dello state morale della società.
Per spiegare il suo distacco dall'esistenza, il soggetto se la prende con le circostanze che più gli sono vicine: trova la vita triste perché è triste. Indubbiamente la tristezza gli viene, in un certo senso, dall'esterno, ma non da questo o quell'incidente della sua carriera, bensi dal gruppo di cui fa parte. Ecco non esiste nulla che possa servire da causa occasionale al suicidio. Tutto dipende dall'intensità con cui le cause suicidogene che hanno agito sull'individuo." (pp 261-262 Durkheim "Sociologia del suicidio" ed. Newton Compton Roma, 1973)

"L'intensità" e appunto un'antenna privilegiata con la quale gli artisti, captano, per se e per gli altri, quei sintomi propri di un'epoca non immediatamente percettibili da tutti ma dai quail spesso conseguono le cause che rnodificano, nel tempo, la maniera di vivere.

IO SONO UNO CHE PARLA TROPPO POCO

Cerchiamo di ricostruire cosa deve aver "visto" Luigi Tenco con maggior chiarezza dei suoi tanto saccenti contemporanei.

In "Io sono uno" canta: "Io sone uno che parla troppo poco, questo e vero, ma nel mondo c'e tanta gente che parla, parla, parla sempre, che pretende di farsi sentire e non ha niente da dire".
E fa terminare la canzone con una precisa accusa a quei signori che usano le parole per stare a galla in una situazione, che prima o dopo, li farà, crollare:
 "io sono uno che non nasconde le sue idee, questo é vero perché non mi piacciono quelli che vogliono andar d'accordo con tutti e che cambiano ogni volta bandiera per tirare a campare."

Davanti a questa situazione spropositata, Tenco si augura, e questa volta i versi sono estrapolati dalla canzone"Ciao, amore ciao" di " non  saper far niente, in un mondo che sa tutto"e quindi di "andar via lontano, cercare un altro mondo, dire addio al cortile, andarsene sognando       e poi mille strade grigie come il fumo, in un mondo di luci sentirsi nessuno" e per chi non avesse ancora capito precisa di "non avere un soldo nemmeno per tornare" come se Caronte fosse disposto a ritraghettarlo indietro.

Questo desiderio di fuga non è dovuto da nevrastenia o da una "struttura psicotica" come farebbe comodo alto psicologo Claudio Modigliani, di cui copra abbiamo riportato le fragili deduzioni ma da spietato realismo.
Per poter vedere crollare it sistema d'informazione, it famigerato quarto potere, bisognerà aspettare che gli stessi meccanismi che ne garantiscono la funzionalità arrivino ad un tal punto di degenerazione da autodistruggersi.
Questo sistema si basa sul principio per cui, ad una data informazione corrisponde una data reazione, ed e quindi consigliabile, a chi voglia esercitare un certo potere sugli altri, appropriarsi dei mezzi di comunicazione al fine di manipolarli e fin qui tutto sembrerebbe logico e antico.
Le difficoltà incominciano quando questo ipotetico signore deve costruire un linguaggio funzionale al sue scopo.
Se questo linguaggio non ha dietro qualche contenuto concreto e riconoscibile, alla lunga diventa vuoto e la gente, accorgendosene ne recepisce l'esatto contrario rimandando come un boomerang indietro i  significati.
Fu, per esempio, il caso della Polonia quando radio, televisione, giornali, utilizzarono la lingua leninista, ormai priva di rapporti con qualsiasi realtà fattuale che ottenne  di fare propaganda a Solidarnosc, suicidandosi lentamente ma inesorabilmente.

Tenco era nel giusto quando voile prendere il toro per le corna partecipando a Sanremo, infatti la canzonetta nella quale trovano sfogo le ideologie da strapazzo dei parolieri che consumano la vita in una solitudine egoista fatta di furbizia, di furti più o meno ipocriti, di qualche bisogno collettivo, non poteva che finire.

Gli  anni che sono seguiti a quel triste gennaio 1967, con un fiorire veramente entusiasmante di testi serissimi da Dalla a Conte, da Guccinia Battiato, gli ha dato parzialmente ragione.
Noi che gli siamo sopravissuti possiamo vedere come però, it breve dedennio degli anni '60, quando it Festival di Sanremo sembrava un museo di brontosauri davanti al quale una tournée come "Banana Repubblic" di Dalla e De Gregori poteva apparire come una vera e propria rivoluzione culturale., stia anch'esso declinando.
Non è pensabile infatti che un gruppo di rappresentanti l'intellighenzia canterina riesca con il semplice esempio a far cambiare idea a un intero popolo imbesuito davanti a Romina e Al Bano per it fatto stesso di essere gruppo e intellighenzia, ovvero qualcosa di molto lontano dalla vita di tutti i giorni.
Tenco lo aveva capito quindici anni fa e la sua sensibilità lo portò a rinunciare alle parole, all'intellighenzia, per dare un messaggio fisico, l'unico che la gente, almeno quella sincera, non avrebbe potuto fraintendere.

A questa proposito scrive il poeta Alfonso Gatto: "non è un messaggio "intellettuale", anche se Tenco, per intellingenza, per sensibilità, per cultura, apparteneva alla famiglia dei poeti che sanno il valore, it peso, la responsabilità delle parole e di esse vivono e cercano di vivere in un rapporto di conoscenza e di amore con gli altri uomini, per un tentativo di essere la vita e di chiederle la conferma dei suoi valori. Il messaggio che Tenco ci ha lasciato con la sua morte è un messaggio fisico che c'investe col chiederci se sappiamo pagare di persona le nostre scelte, se riusciamo a patirne sulla pelle la sferza degli organizzatori (dai più alti ai più bassi) che continuano a organizzare feste, festini e cattivo tempo in nome di una "pacificazione" para-franchista che pareggia vittime e vincitori, lutti e allegria".

Gatto prosegue con animo veritiero, come solo i poeti sanno fare, ascoltando, come se avesse sentito mormorare da qualche parte i versi orfici di Dino Campana, il messaggio che la tristezza e la solitudine di Tenco ci possono ancora mandare:

 "questa tristezza e questa solitudine sono nell'animo  di tutti i giovani che lottano, e  spesso sentono di lottare invano, che non vogliono arrendersi a ì strumentare il proprio essere in nome dell'avere, che  resistono a durare e a vivere per le proprie idee, per una media di comune intelligenza, di igiene comune, di solidarietà operante, che li salvi dalla remissione al fatto compiuto.
 Il fatto .compiuto, che ci fa piangere per una giornata di giubilo commemorativo, ci restituisce poi agli errori, alla vilta, alle rinunce, all'ordinata amministrazione dell'oblio per le vittime e   all'accanimento, all'odio, alla solitudine per chi resiste, per chi lotta sino all'ultimo e sarà egli stesso vittima un'altra volta.
Caro, caro Tenco: non lo diremo mai povero, nemmeno col nostro affetto, nemmeno col nostro rimpianto. Poveri e squallidi sono soltanto i suoi mancati amici, i mancati ascoltatori che non hanno creduto a lui e  elle sue timide, ma chiare parole di poeta, che non lo hanno difeso dall'ironia di quegli occhi ebeti e sornioni che dalla piatea lo fissavano come un pazzo sovvertitore stretto alle sue mani, affidato per l'ultima volta alla sua voce, come a dirgli "Perché stai qui, a non con i poeti delle poesie illeggibili, perché sei qui e non sulle barricate di tanti anni fa .
Le barricate possono tornare sempre di moda, anche se i parolieri di Sanremo e d'altre sedi vacanti per distrazione ci assicurano di no.
Quanto ai poeti, almeno a nome mio, che sono uno tra loro, posso dirvi che la morte di Tenco non.è un fatto compiuto, ma un fatto da aprire ogni giorno come un atto d'accusa contro i "soliti ignoti" che sono al potere dell'acclamata vita nazionale". (da Vie Nuove, 1967)

Ecco come l'atto di Tenco non può assolutamente essere considerato individuale ed ecco come la ragione per la quale è stato reso possibile continua a vivere ancor oggi.
 In una realtà immobile, conservatrice, fossilizzata è naturale che scoppi un attrito con chi voglia muoversi, cambiare le regole del gioco, ed a veramente spaventoso che un intellettuale come Parise non abbia capita che la posta in gioco non era la canzonetta ma chi le sta dietro e qui con piacere citiamo le parole di un altro poeta, uno dei più grandi, Salvatore Quasimodo:" Luigi Tenco ha voluto

colpire a sangue il sonno mentale dell'italiano medio.
 La sua ribellione che coincideva con una situazione personale di uomo arrivato alla resa dei conti con la carriera, ha però ancora una volta urtato contro il muro dell'ottusità.
Chi non e in grado di domandare un minimo di intelligenza ad una canzone, non può certo capire una morte.
Il risultato del Festival ha reso ancora più stridente it contrasto tra la reazione delle giurie e l'impegno che Luigi Tenco aveva sperato di richiamare con la violenza contro se stesso.
Perciò pensiamo che pochi lo abbiano capito e per questo non vogliamo dimenticare it suicidio di Luigi Tenco  (Il Tempo, febbraio, 1967).

Abbiamo fin qui visto di come esista nel sottosuolo una polveriera, di come possano uscire giganteschi e spaventosi geni al servizio della verità se i poeti strofinano le loro lampade d'Aladino, e di come, malgrado tutto ciò, un sonno profondo avvolga il pensiero comune della gente che si meraviglia della morte volontaria di un artista quando non sa di concorrere alla morte volontaria di un'intera società.
Se il non poter comunicare è una delle cause di questo andare verso it baratro, vi sono molti altri sintomi degenerativi che alla sensibilità. di Luigi Tenco dovevano essere sembrati come mostri, qualche volta comprensibili, qualche volta no: vediamone alcuni.

L'AMORE

L'amore, la sua durata, la sua utilità è come il suicidio, viene considerato un fatto individuale e, come tale, viene spesso studiato dagli psicanalisti.
L'amore, che si crede cosi originalmente libero dalle pianificazioni, dovrà vestire l'abito dei dati„ dovrà partecipare ad uno dei più importanti referendum politici, dovrà concorrere a cambiare alle radici i costumi del popolo.
Nnn a caso Durkheim, cosi attento a trasformare in cifre, qualsiasi dato sociologico che potesse venirgli comodo per la sua indagine, non cita mai fra le cause sociali del suicidio l'amore perché, nel 1897 anno nel quale pubblicò it suo saggio, la rilevanza di questo fenorneno era quasi nulla.
 L'uomo medio si sposava tardi dopo aver scopacchiato con le puttane e aver trattenuto una casta amicizia con colei che sarebbe diventata sua moglie.
Una donna programmata fin dall'infanzia a rinunciare al sesso, a rappresentare la tradizione morale  da tramandare ai figli, ma soprattutto a rinunciare ad amare il proprio marito, il quale, per quest'ultimo servizio, si sarebbe rivolto all'amante.
Le amanti erano esseri straordinari, potevano capire profondamente l'uomo perché ne condividevano la predisposizione  più atavica: la gestione del potere.
Dalla più proletaria delle baldracche alla Pompadour non c'era intrigo, ricatto, diplomazia che non si avvalesse del loro aiuto.
 Le une e le altre donne erano di sicura fiducia perché la loro scelta era fin dal 'inizio obbligante.
Era impossibile una fusione dei ruoli: nessun marito avrebbe sopportato di vivere accanto a una libertina e nessuna donna avrebbe mai osato chiederglielo.
Questa atroce divisione dei ruoli aveva però uno scopo nobile che si e rivelato nei secoli di una certa utilità.
Avendo gli uomini da tempo iminemorabile rinunciato ad essere civili, essendo riusciti a bleffare persino con la religione evangelica, non trovarono niente di meglio che depositare i frutti di queste loro antiche origini nel mito e nella realtà della madre che per sua natura aveva lo scopo d'influire beneficamente sul carattere dei propri cuccioli prima che divenissero belve.
In tal modo per secoli l'influenza del padre e del potere statale fu, negli anni che più contano, quelli dell'infanzia, completamente assente, in maniera tale da creare nel subconscio degli uomini una zona meno condizionata da una logica strumentalmente utilitarista a cui, in casi di degenerazione eccessiva del potere, quell'orda di assassini avrebbe potuto ricorrere.
Questo fatto spiega fra l'altro la contraddizione insita nel potere assoluto e quindi illogico e in un certo senso irreale, che vede la gestione disinvolta di una serie incredibile di delitti inspiegabili accanto al buon funzionamento della giustizia e di un senso comune le cui radici affondano in una tradizione  morale millenaria.
Non è importante non commettere il male ma sapere che il bene è esistito, sopravvive nell'individuale vita familiare, e ipoteticamente potrebbe sempre un giorno ritornare ad essere utile alla società.
Questa strada obbligata del fine culturale da affidare all'amore per la madre dava all'uomo la possibilità di vivere amori extra-coniugali o pre-coniugali con un'indescrivibile carica liberatoria, eversiva, trasformando questi rapporti in una pratica ginnico-psichica di grande effetto terapeutico.  

Q
uest'ultimo "amore" entrò prepotentemente nella letteratura, nel teatro, nelle chiacchiere da salotto sottoforma di un archetipo divenuto luogo comune: l'innamorato vive fra le nuvole, è raggiunto da una freccia scagliata da un divino fanciullo bendato, e da quando viene colpito vive estraniandosi in una dimensione talmente diversa da farlo uscir "di senno". 
L'incantesimo può anche non finire mai come nel caso dell'amore fra la Pisana e l'ottuagenario nell'omonimo romanzo d'Ippolito Nievo: per sopravvivere deve evitare un solo pericolo, quello di consumare un matrimonio.
Questa divisione dei ruoli e it meccanismo da essa provocato sopravvive ancor oggi in larghi strati della popolazione ma, per nostra dannazione e felicità dei giornalisti, gli vive accanto it suo esatto contrario dando origine a quel fenomeno, ai tempi di Tenco senza nome, che oggi si chiama crisi della coppia.
La crisi della coppia è il frutto più vistoso del femminismo, ovvero del desiderio di emancipazione della donna che vuole essere contemporaneamente madre e amante.
Come madre non vuole avere la responsabilità culturale del matriarcato che giudica superato, come amante vuole rinunciare ad essere la terapista del proprio uomo, l'amore lo fa perchè gli place, non per curare qualcuno.
La patata è piuttosto bollente e il povero Tenco, che nella sua canzone pia famosa dichiara di essersi innamorato perché non aveva niente da fare, per un bisogno vecchio stampo di compagnia, si trova con le mani in mano a dire "adesso non so neppure io cosa fare, it giorno mi pento di averti incontrata, la notte ti vengo a cercare".
 Quando l'archetipa compagna entra nel merito della fusione amante-madre lui stizzito le urla addosso:  "Un giorno di questo ti sposerò, stai tranquilla, cosi la smetterai di darmi il tuo amore con il contagocce".
Più avanti denuncia la sua scettica incredultà sull'amore matrimoniale:
"un giorno di questi ti giurerò d'amarti sino all'ultimo giorno ma tu sai già benissimo che non si può sapere cosa sarà domani".
 Quel "tu sai benissimo" è una rievocazione di quelle regole sopra un po' sbrigativamente da me illustrate.
L'amore deve essere, meraviglioso, sulle nuvole, vissuto in uno stato di demenziale leggiadria, guai ad aprire gli occhi, guai ad essere consapevoli di quello  che si farà domani.
Le canzoni d'amore di Tenco non sono mai distese, sono costruite con una bomba ad orologeria nell'interno che, all'ora X, deve assolutamente scoppiare mandando tutto in vacca.
Più che altro sono canzoni d'amore solo in apparenza, in realtà sono canzoni sociali,  e anche in questo caso,  gli avvenimenti verificatesi dope la sua morte, gli danno assolutamente ragione.
La contraddizione è in questi termini: l'amore esiste e sempre esisterà ma i presupposti sociali sui quali veniva consumato, sono irrimediabilmente saltati, cantare l'amore che è vita in questo stato, è sotto sotto come cantare la morte.
Ecco venuta a galla un'altra predisposizione al suicidio che solo degli ignoranti potrebbero credere di origine solo individuale.
Fa bene Alfonso Gatto a precisare, nel pezzo sopra riportato, che "poveri e squallidi sono soltanto i mancati ascoltatori che non hanno creduto a lui e alle sue timide ma chiare parole di poeta."
La differenza fra un poeta ed un paroliere sta tutta in quel "chiare" che si contrappone a "scure". Chiaro è it sole, è l'Apollo del mito che fornisce ai poeti la luce per capire gli enigmi delle parole, le quali, pur conservando una miriade di significati diversi da quelli che il loro artefice vorrebbe, nella poesia si mostrano attraverso una particolare visuale che, per chi sa "ascoltare", non può dar adito a dubbi.
E'  cosi che il vero testamento di Tenco lo ha dato lui stesso con il suo sapere poetico e musicale. Spesso, nelle odierne composizioni dei cantautori, nascono prima le musiche, le basi, e poi le parole, con il risultato di ottimi prodotti ma spesso un po' sconclustonati.
Non è il caso di Tenco per il quale le musiche sono di un'importanza incredibile e si fondono con le parole rimarcandone ancora di più lo spessore poetico.
 In "Mi sono innamorato di te", it carattere preponderante  viene dato da  un' atmosfera di noia esistenziale carica di quella nevrosi che negli anni '60 serviva da condimento per discorsi mondani e altre pietanze culturali.
In questa canzone la linea melodica è composta con una serie di progressioni dove apparentemente non succede mai nulla ma che sortiscono l'effetto di creare nell'ascoltatore uno stato di ansia e di sospensione fino a farlo meditare sullyachiusa "parlare d'amore", dominante tonica che rappresenta il nocciolo della questione.
Nella canzone Tenco non vuole informarci d'essere innamorato, o di avere bisogno dell'amore perché tutto questo è già ampiamente seontato nel mondo della canzonetta, vuole farci meditare su quel "parlare d'amore" che ne rappresenta la bomba ad orologeria.
Parlare d'amore significa rendersi conto che esiste un discorso sull'amore tutto da fare e, l'apparente noia delle situazioni precedenti, la monotonia tutta esistenziale di questo strascicarsi nella vita, gli va fatalmente incontro.
Se l'amore e l'impossibilità di comunicare sono due fra le cause storiche che hanno concorso alla morte di Tenco, non meno importante è la predisposizione al fascismo che l'Italia, presto dimentica delle atrocità del ventennio, non ha mai eliminato del tutto.

IL FASCISMO

'Cara maestra, un giorno m'insegnavi che a questo mondo not siamo tutti uguali. Ma quando entrava in classe it direttore tu ci facevi alzare tutti in piedi e quando entrava in classe il bidello ci permettevi di restar seduti.
Mio buon curato, dicevi che la chiesa e la casa dei poveri, della povera gente.
Però hai rivestito la tua chiesa di tende d'oro e marmi colorati, come può adesso un povero che entra sentirsi come fosse a casa sua?
Egregio sindaco, m'hanno detto che un giorno tu gridavi alla gente "vincere o morire" ora vorrei sapere come mai, vinto non hai. eppure non sei morto e al posto tuo è morta tanta gente che non voleva ne vincere ne morire"

 Questi versi che compongono tutta la canzone "Cara Maestra", non hanno nulla di casualmente protestatario, come in molte liriche dell'epoca e, pur nel limite di una canzone, per ragioni di tempo sempre esageratamente essenziale, riescono attraverso l'analisi dei suoi peccati, a scovare il "malandrino" qui in veste simbolica di sindaco: la continuazione della mentalità fascista.
Ho voluto mettere fra le cause suicidogene anche la mentalità fascista perché credo che i meccanismi al suo interno siano paragonabili a quelli del quarto potere rappresentato dalla stampa, meccanismi che hanno qualcosa di perverso, agiscono come variabili impazzite dell'antica tradizione del potere ottenuto con l'uso della demagogia condivisa.
Gli stati liberal-sociali dei paesi nordici o le dittature oligarchiche del passato, riproducono regole molto precise, e quando si verificano cambi di potere o di classi al potere come in Francia, la stabilità psichica della società non ne viene investita più di tanto.
Per la "mentalità fascista" è un'altra faccenda.
Questo fenomeno può essere avvicinato, come scala di valori, alla mentalità calvinista o alla "mentalità del socialismo reale, è insomma un fenomeno con forte caratterizzazione etnico-antropologica e vive di una sua vita autonoma per definizione "interclassista".
Tutta l'azione politica di Tenco è  imperniata, non contro questo o quel partito, ma contro gli attributi della "mentalità fascista".
Dove trova ipocrisia, esige lealtà, dove indegnità di giudizio, come nel caso di Sanremo, dignità nelle scelte, dove retorica, antiretorica.
Tenco aveva una paura quasi eccessiva della vaghezza, non sopportava l'imprecisione e il gratuito dietro il quale si nascondono sempre i doppio-giochisti.
In un'intervista dibattito riportata da "Cronaca"del 6/2/1967 se la prende con chi vuole imporre  le canzoni di protesta contro la guerra per imitare anche` in questo gli americani.
Vale la pena di riportare questo brano perché caratterizza magistralmente la sua personalità esemplificando la tesi sopra enunciata.

"Quanto alla protesta contra la guerra, io dico sinceramente, magari farò anche delle canzoni per protestare contra la guerra   ma e come dire che di mamma ce n'e  una sola, che siamo tutti fratelli ..
Ma che vuol dire?
 I giovani in America protestano contro la guerra perche l'America è. un paese in guerra, perché i suoi ragazzi stanno in questo momento partendo, molti vanno a morire ... Ma da noi qui, la guerra, la protesta contro la guerra, non prende nessuno.
Noi abbiamo molte altre cose contro cui protestare.
Possiamo protestare contra il clericalismo, l'affarismo, la corruzione, la mancanza di una legge sul divorzio, gli scandali a ripetizione, il qualunquismo, la burocrazia bestiale....questa protesta non viene mai fatta.
Preferiamo scimmiottare le proteste americane, cosa  oltretutto facilissima qui in Italia, dato che non c'e nessuno che si sente pizzicato quando  gli dici che è sbagliato morire, viva la pace etc.
  Parlagli del divorzio, della mafia e di altre faccende che scottana, e allora vedrai che la gente si arrabbia e ti da addosso".

Da queste dichiarazioni saltano fuori le crisi di un uomo come eco della crisi di un intera società incapace di essere seria nemmeno con la protesta, per un'antica avversione al realismo, per un'attitudine gaglioffesca al gioco, a vestirsi con abiti da parata, a nascondersi dietro infinite maschere.
Quante sconfitte del movimento degli studenti nato nel '68 si devono attribuire a queste cause?
La realtà, del colpo di pistola in una situazione cosi pesantemente tragica è l'atto meno surrealmente kafkiano che si possa fare ed è ridicolo scambiare mitomania per lucidità mentale.
 Oggi Luigi Tenco è davanti a noi, molto calmo,  ci parla ancora, senza retorica, della sua morte. Cerchiamo d'ascoltarlo.

POST SCRIPTUM
 

La rilettura di questo mio saggio su Luigi Tenco mi ha creato un infinità di problemi.
Come è stato possibile affrontare il problema della morte senza mai citare il suo tabù, eppure nel 1975 Louis-Vincent Thomas, antropologo francese, aveva già pubblicato "Anthropologie de la mort" tradotto in Italiano da Garzanti nel 1976.
In quel libro Thomas scrisse che: "esistono società che rispettano l’uomo: sono quelle in cui la vita, seguendo la saggezza, protegge se stessa lasciando spazio all’idea della sua fine. E, al contrario, ci sono società necrofile, devastate da ossessioni patologiche: sono le nostre, in cui la cultura della morte è negata e sepolta con la stessa cura con cui si sotterrano i cadaveri. L’esperienza concreta dell’antropologia dimostra che negare la morte genera un’altra morte".
Già nel Mahābhārata, il poema sanscrito risalente al IV secolo a.C, viene chiesto a Yudhisthira  quale fosse per lui fra tutte le cose della vita, la più stupefacente?
La risposta fu : “l’uomo, perché vedendo altri morire intorno a sé, non pensa mai che morirà”.
Qualche annetto dopo venimmo a conoscenza che Jung era convinto che : " l’anima collettiva dell’umanità considerare la morte come un compimento del significato della vita e come scopo specifico di essa, che non come una mera cessazione priva di significato.
Chi dunque si associa all’opinione illuministica rimane psicologicamente isolato e in contrasto con quella realtà umana universale a cui appartiene egli stesso".
Ma perché mai non trattare la morte come il tabù dell’incesto o del sesso ma come un  pensiero non ammissibile, proibito,  l’unico argomento rimasto intoccabile nel bel mezzo di violenza, crudeltà, abusi esibiti raccontati ogni giorno dalla stampa come rimozione della nostra morte individuale? 
Un altra  domanda che mi sto facendo è  che ogni tabù possiede i suoi Totem mentre la morte non riesce a crearli se non per negare la sua esistenza: la morte degli altri, le immagini del lusso , la provocazione dell'uso della croce da pare di pop star come madonna e via farneticando.
Il tabù della morte non si accontenta nemmeno della sua "rimozione" preferisce sparire del tutto. po
Rimarrò a lungo a farmi queste domande con un unica certezza: saranno certamente pochissimi ad aiutarmi a percorrere questo sentiero!

CRONOLOGIA

1938 Nasce a Cassine in provincia di Alessandria it 21 marzo.
1956 Lo troviamo a Genova al liceo scientifico con un compagno, poi diventato famoso, Bruno Lauzi, A Genova frequenta negli anni degli studi anche tutti gli altri membri della cosiddetta "scuola genovese": Gino Paoli, Giampiero Reverberi, Umberto Bindi, Fabrizio De Andre.
Come studente Luigi e di un'irrequietezza indescrivibile, anticipando, anche in questo, it malessere che dopo la sua morte investirà un'intera generazione.
Arriva alla maturità scientifica da privatista poi s'iscrive ad ingegneria, poi a scienze politiche, consapevole della sua particolare predisposizione ad occuparsi di problemi sociali.
Non si laurea perché la musica da hobby diventa pian piano it suo lavoro, prima come sassofonista e poi come cantante poeta.
1959 Lo troviamo come sassofonista e cantante sotto it nome di Gigi Mai nel complesso "I Cavalieri".
 In quell'anno, con questo complesso, pubblica il suo primo disco che vede una ben strana band che vale la pena di ricordare: al vibrafono Reverberi, al clarino Tomelleri, al pianoforte Enzo Jannacci, alla batteria Nando De Luca.
Scrive di questo periodo Enrico De Angelis: "con "I Cavalieri" incise varie altre cose, anche sotto lo pseudonimo di Gigi Mai. I pezzi erano quasi tutti già firmati da lui stesso, ma erano dei rock alla moda, dal testo gioviale e svagato: dei rock che gli si possono anche perdonare, tanto erano assurdi, ingenui, mai sguaiati, eppur sempre non lontani dalla vena jazzistica della sua prima ispirazione. Allora, insomma, Tenco, era forse piu attento alla musica, alla tematica interpretativa, piuttosto che a quella spontaneità originale propria delle sue composizioni future.
Non furono i suoi unici "peccati di gioventu" perché continuo cosi, almeno in apparenza, per un paio d'anni, col nome di Dick Ventuno, incise in un 33 giri due brani mediocri del Festival di Sanremo 1961 (che fu peraltro il trionfo dei cantautori affermati prima di lui):  con quello di Gordon Cliff si faceva passare per americano interpretando "Parlami d'amore Maria" e "Love is here to stay" di
Gershwin in un inglese sensuale alla Nat King Cole.
1960 Incide una delle canzoni d'amore pia tenere: "Quando" e una ventata di delicato lirismo invade l'ambiente musicale italiano che incomincia ad accorgersi di questo strano cantante poeta che aspetta il suo amore sognando una musica dolce di violini in una situazione troppo astratta per essere usuale
Sempre nello stesso anno incide "II mio regno", canzone piena di ansia d'evasione,  da molti considerata la prima canzone fortemente caratterizzante it suo mondo.
1961 Fra le canzoni che incide in quest'anno ricordiamo "Una vita inutile",  amaro presagio di quello che gli sarebbe successo quindici anni dopo: "provai ad assere qualcuno, però sono rimasto nessuno, provai a diventare un poeta, ma il mondo non ho capito ancora."
Sempre nello stesso anno recita come attore protagonista nel film di Luciano Salce "La cuccagna". Dal film viene estratto un disco dove canta canzoni non sue fra cui "La ballata dell'eroe" dell'allora sconosciuto Fabrizio De Andre-
1962 Esce it suo primo LP che rimane uno dei migliori con canzoni poi diventate famosissime.
 E' il disco della celeberrime: "Mi sono innamorato di te", "Angela", "Una brava ragazza", dove l'amore viene visto sotto un'ottica del tutto nuova, quella di uno strano oggetto misterioso con il quale bisogna fare i conti.
Sempre nello stesso LP vi è "Cara Maestra", una canzone schiettamente politica che, per contrasto con le altre composizioni, sembra in quel contesto ancor più rivoluzionaria.
1964 Esce un suo 45 girl con due canzoni "Ragazzo mio" e "No, non ò vero" dove Tenco sembra voglia radicalizzare it suo discorso probabilmente per non lasciare, in chi comincia a tacciarlo d'opportunismo di sinistra, il minimo dubbio sulle sue intenzioni e anche per distinguersi dalle troppo simboliste canzoni di molti suoi compagni di cordata con i quali incomincia ad 'essere fortemente polemico.
1965 "L'anno del suo secondo grande microsolco è un'altra collana di piccoli capolavori.
L'intimistica "Ho capito che ti amo" sulla linea di "Mi sono innamorato di te" che lo riporta a contatto con it grande pubblico, "Non sono io che ribadisce la rinuncia ai sogni e ai voli", la bellissima "Ah,., ah l'amore, l'amore" poi ripresa dalla Vanoni; "io lo so già "    che inveisce contro l'arrivismo a tutti i costi, l'opportunismo cinico, l'egoismo; e, per contro, due nuove confessioni d'incapacità ed inadeguatezza "Se potessi amore mio" e la splendida "Vedrai, vedrai" che riprese pih tardi; e poi ancora l'ironica deliziosa "Ballata dell'amore", la brechtiana "Quasi sera".(Da una conversazione tenuta da Enrico De Angelis al teatro Ariston di Sanremo iò 15/9/1972).
1966 In questo anno, l'ondata del folk e della protesta prese piede anche in Italia.
E' un'occasione che Tenco non potè non cogliere, anche se più volte polemizzò, a ragione, con la mania anglo-americana che a quell'ondata era connessa.
" Invocò, proprio come quattro anni prima, una musica popolare nostra, italiana, genuina.
Tenco spiegò queste opinioni in una conferenza stampa che si ricorda ancora oggi.
Aveva in serbo molti progetti, stava preparandom per esempio, un' antologia discografica del nostro folklore che non fece in tempo a vedere la luce.
Fu  un maestro e un antesignano del "folk" e una grande casa discografica aveva deciso di lanciarlo sul mercato.
Gli affidarono persino l'occasione di una sigla per un programma di largo successo, quello di Maigret e poco dopo fu inserito addirittura nel "disco per i'estate".
Tenco non si lasciò incantare da questi allettamenti e ne usci benissimo sul piano artistico con un "Giorno dopo l'altro" e con "Lontano lontano".
Forse, per l''ennesima contraddizione, fu proprio tutto questo l'inizio della fine.
In autunno venne pubblicato it suo terzo 33 giri, acceso ed orgoglioso più che mai, nei testi come nelle musiche.
Eccolo irrompere ancora contro l'egoismo, l'inerzia, l'oppor-unismo, l'ipocrisia, il falso perbenismo, la violenza, it fascismo, il razzismo: "Io sono uno," "E se ci diranno", "Ognuno e libero", "Ma dove vai", "Uno di questi giorni ti sposerò, e le due pubblicate postume, ma che risalgono a quello stesso periodo "Il mondo gira" e "ftLi vidi tornare".  (Enrico De Angelis op. cit.)
1967 La sera del 27 gennaio 1967 a Sanremo si spara con una Walter Ppk calibro 7,65.
 Lascia scritto: "Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato a cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tuttlaltro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda "Io, te e le •rose" in finale e una commissione che seleziona "la rivoluzione". Spero serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao, Luigi"
Nello stesso anno Ornella Benedetti fonda it club Tenco di Venezia pubblicando subito un libro "In ricordo di Luigi Tenco" con prefazione di Enrico De Angelis e, invece delle solite commemorazioni strappate a qualche tuttologo di passaggio, il libro presenta un'antologia di poesie a lui dedicate da ragazzi dai diciassette ai venticinque anni.
Il  club fondò anche un giornale  che parlò di droga, di  disadattati, pacifismo, manicomi, emarginazione e naturalmente di canzone d'autore.
1969 fu l'anno nel quale uscì un LP dalla Ricordi "Pensaci un po'" dove i compilatori, con assoluta mancanza di sensibilità umana e critica, unirono la versione inglese di "Parlami d' amore           Mariiù" a " I mio regno","La mia geisha" a "Quando".
1971 Il fondatore e ideatore del Festival di Sanremo, Amilcare Rambaldi, propose  alla sua città di far nascere, accanto alla celeberrima.manifestazione canora, una rassegna sulla canzone d'autore intitolata a Luigi Tenco e per l'occasione nacque it "Club Tenco di Sanremo" che ogni anno è ancora punto di riferimento, colto e spettacolare assieme, di ciò che di meglio in campo nazionale e internazionale si e fatto durante l'anno in questo genera musicale.
1976
Esce "Morte di un cantautore" di Luzzato FegiZ presso la Gammalibri di Milano
1977
Esce "C'era una volta una gatta" a cura di Gianni Borgna e Simone Dessi edito dalla Savelli di Roma. Nel libro vengono pubblicati testi oltre che di Tenco, di Bindi, De Andre, Endrigo, Lauzi e Paoli.
1981
Esce "Luigi Tenco" un libro interamente dedicato al cantautore, con interventi che vanno dall'assessore della cultura romano Renato Nicolini allo scrittore Oreste Del Buono alla giornalista Lietta Tornabuoni, edito dalla Savelli di Roma. In questo libro è d'interesse particolare la guida all'ascolto della musica di Tenco scritta dalla cantante e musicologa Giovanna Marini.
1982
La Ricordi edita per le edicole un fascicolo più disco su Luigi Tenco mentre la  casa editrice Lato Side, annuncia la pubblicazione di un libro dal titolo "Luigi Tenco, la vita, i testi inediti", a cura del poeta torinese Aldo Fegatelli.

DISCOGRAFIA

LUIGI TENCO - 1962 Ricordi . Quando; 02. Una brava ragazza ; 03. La mia valle  04. Cara maestra ; 05. Il mio regno ; 06. Angela ; 07. Mi sono innamorato di te; 08. Io sì ;09. Il tempo passò; 10. Come mi vedono gli altri
LUIGI TENCO - 1965 Ricordi: 01. Ho capito che ti amo; 02. Non sono io ; 03. Ah... l'amore, l'amore ; 04. Ragazzo mio; 05. Io lo so già; 06. Se potessi, amore mio; 07. Tu non hai capito niente; 08. La ballata dell'amore
09. Com'è difficile; 10. Vedrai vedrai; 11. Quasi sera ; 12. No, non è vero. 
Ripubblicato in cd nel 2003 nel doppio disco LUIGI TENCO assieme all’album LUIGI TENCO CANTA TENCO, DE ANDRE’, JANNACCI, BOB DYLAN – 1972 e a versioni alternative di brani già noti.
TENCO – 1966  Ricordi; 01. Lontano lontano; 02. Io sono uno; 03. Uno di questi giorni ti sposerò; 04. Come tanti altri ; 05. Se sapessi come fai ; 06. Io vorrei essere là ; 07. Un giorno dopo l'altro ; 08. Ognuno è libero ; 09. Amore, amore mio 10. Ma dove vai? ; 11. E se ci diranno;  12. Vedrai vedrai ;
Ripubblicato in cd nel 2001.
TI RICORDERAI DI ME - 1967 Ricordi: 01. Quando ; 02. Mi sono innamorato di te;  03. Angela;  04. Senza parole;  05. Il tempo passò ; 06. Il mio regno;  07. In qualche parte del mondo;  08. Isy ;
09. Io sì;  10. Quello che conta;  11. Come mi vedono gli altri;  12. Ti ricorderai.
 Rpubblicato postumo con brani inediti; edito in cd nel 2002.
SE STASERA SONO QUI - 1967 Ricordi; 01. Se stasera sono qui;  02. Tra tanta gente;  03.Averti tra le braccia;  04. Una brava ragazza;  05. Volevo averti per me;  06. Cara maestra;  07. Come le altre;  08. Se qualcuno ti dirà;  09. Io vorrei essere là;  10. Chi mi ha insegnato;  11. La ballata dell'eroe;  12. Triste sera;  13. I miei giorni perduti;  14. Una vita inutile. 
Ripubblicato postumo con brani inediti; edito in cd nel 2002.
  ENSACI UN PO' - 1969 Ricordi: 01. Tell me that you love me / Parlami d'amore Mariù;  02. La mia valle;  03. Love is here to stay;  04. Serate a Mosca;  05. Sempre la stessa storia;  06. La mia geisha;  07. Il tempo dei limoni 08. Pensaci un po';  09. Baciandoti;  10. Vorrei sapere perché ; 11. Quando;  12. Angela;  13. Il mio regno 14. Un'ultima carezza.
Ripubblicato postumo con brani inediti; edito in cd nel 2003.
LUIGI TENCO – 1972 RCA: 01. Ciao amore, ciao; 02. Lontano lontano;  03. Io sono uno;  04. Uno di questi giorni ti sposerò;  05. Se sapessi come fai;  06. Io vorrei essere là;  07. Un giorno dopo l'altro;  08. Ognuno è libero;  09. Amore, amore mio;  10. E se ci diranno;  11. Vedrai vedrai;  12. Li vidi tornare.
Ripubblicato in cd nel 1990 con il titolo LE CANZONI DI LUIGI TENCO. “Ciao amore, ciao” è il ‘fatale’ brano presentato al Sanremo del 1967, “Li vidi tornare” è la sua versione originaria.
LUIGI TENCO CANTA TENCO, DE ANDRE’, JANNACCI, BOB DYLAN – 1972: 01. Passaggio a livello;  02. Vita familiare;  03. Prete in automobile; 04. Vita sociale;  05. Ballata dell'arte ; 06. La risposta è caduta nel vento (Blowin' in the wind);  07. Ballata della moda;  08. Ballata dell'eroe;  09. Ballata del marinaio;  10. Giornali femminili;  11. Hobby
Ripubblicato postumo, contiene solo brani inediti; edito in cd nel 2003 nel doppio disco LUIGI TENCO assieme all’album LUIGI TENCO – 1965 e a versioni alternative di brani già noti.
ENCO – 2002: 01. Mi sono innamorato di te; 02. Io sì; 03. Se sapessi come fai; 04. Ah... l’amore l’amore; 05. Angela; 06. Lontano lontano; 07. Se stasera sono qui; 08. Tell that you love me (Parlami d’amore Mariù); 09. Ho capito che ti amo; 10. Come le altre; 11. Una brava ragazza; 12. Pensaci un po’; 13. Il mio regno; 14. Quando; 15. La mia geisha; 16. Quello che conta; 17. Tra tanta gente; 18. I miei giorni perduti19. Tu non hai capito niente; 20. Triste sera; 21. Mi chiedi solo amore; 22. Io lo so già; 23. Non sono io; 24. No, non è vero; 25. Averti tra le braccia; 26. Ciao amore ciao; 27. Vedrai, vedrai; 28. Cara maestra; 29. Ragazzo mio; 30. E se ci diranno; 31. Io vorrei essere là; 32. Un giorno dopo l’altro; 33. Io sono uno; 34. Guarda se io; 35. Una vita inutile; 36. In qualche parte del mondo;
37. Ognuno è libero; 38. Ieri; 39. Senza parole; 40. Sempre la stessa storia; 41. Il tempo dei limoni;
42. Notturno senza luna; 43. Vorrei saper perché; 44. Giurami tu; 45. Mai; 46. Amore47. Non so ancora: 48. Qualcuno mi ama; 49. Ti ricorderai; 50. Se qualcuno ti dirà;.


 

Biografia
Fonti e Bibliografia

John Lennon una vita complicata
Vinicius de Moraes poeta della lontananza
Scritti su Fabrizio De Andrè e Lucio Battisti
Incontri un po' speciali: Carmelo Bene, Roberto Benigni, Marlon Brando,
Maria Callas, Federico Fellini, Roberto Guicciardini, Marcello Mastroianni,
 Mario Monicelli, Aldo Palazzeschi, Paolo Poli, Anna Proclemer, Ettore Scola, 
Alida Valli, Luchino Visconti e Cesare Zavattini
I
I mio amico Ivan Graziani
Ancora canzoni & saggio su Renato Zero:
incontri con Sergio Bardotti, Renato Carosone, Domenico Modugno, Gianna Nannini, Roberto Vecchioni.
Note su John Lennon, Gino Paoli, Elvis Presley, Paul Simon, Rod Stewart, Sting e Stevie Wonder

Attrici & Dive:
Joan Crawford, Greta Garbo, Eleonora Giorgi, Daria Halprin, Audrey Hepburn.
Angelina Jolie, Nicole Kidman,  Vivien Leigth, Virna Lisi, Sophia Loren, Pupella Maggio,
Lea Massari.Mariangela Melato, Giovanna Mezzogiorno,  Marilyn Monroe, Julia Roberts

Scrittura & Cinema:

Jane Austen, Giovanni Boccaccio, Heinrich Böll, Gesualdo Bufalino,
Albert Camus, Truman Capote, Suso Cecchi D'Amico, Agatha Christie, Jean Cocteau, Gabriele D'Annunzio,
William Faulkner,
Francis Scott Fitzgerald, Ian Fleming,  Gustave Flaubert,Tonino Guerra, Peter Handke, Milan Kundera, David Herbert Lawrence,
Henry Miller, Eugene O'Neill, John Steinbeck, Bram Stoker, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Oscar Wilde, Tennessee William

Attori & Comici

Woody Allen, Richard Burton, Charlie Chaplin, Alain Delon, Dario Fo, Marcel Marceau, Chico Marx,
Walter Matthau, Philippe Noiret, Ettore Petrolini, Mickey Rourke, Ugo Tognazzi, Peter Ustinov


Il Rovescio della Medaglia
considerazioni sui luoghi comuni
Shakespeare & Plank
considerazioni sul teatro: Il mio amico Giovanni Testori, Alfieri, Ariosto, Artaud, Beaumarchai,
Calderón de la Barca, Goethe, Goldoni,   Hofmannsthal, Ionesco,  Joyce,
Tadeusz Kantor, Machiavelli, Manzoni,  Maupassant, Molière, Svevo,
 Tasso, Raffaele Viviani,  Wedekind
Il Fingitor cotese sapere come finzione

© Luigi Granetto, e-mail:granetto@gnomiz.it