Jane Austen
(1775 – 1817)
Scrisse fra i romanzi più belli che si possano immaginare ma poco letti
probabilmente a causa di una cinematografia che spesso ha avuto l'ardire
di essere più convincente della sua scrittura: Ragione e sentimento
diretto da Ang Lee, con Kate Winslet, Alan Rickman,
Emma Thompson, Hugh Grant e Robert Hardy, vincitore
del Golden Globe come miglior film drammatico del 1995; Orgoglio e
pregiudizio diretto da Joe Wright, con Keira Knightley,
Donald Sutherland, e Judi Dench con quattro Nomination
all'Oscar, Emma diretto da Douglas McGrath con Gwyneth Paltrow,
Jeremy Northam, Toni Collette e Ewan McGregor,
Oscar per la Miglior colonna sonora a Rachel Portman; Mansfield
Park diretto da Patricia Rozema, Persuasione diretto da Roger
Michell, e infine L'abbazia di Northanger diretto da Jon Jones.
Ma esisterà ancora qualcuno che ha letto uno di questi romanzi senza
aver visto il film?
Cercasi risposte brillanti!
Per il momento vorrei confidarvi, ma mi raccomando non ditelo troppo in
giro, che come lei "non voglio che la gente sia troppo simpatica:
questo mi risparmia il disturbo di volerle molto bene" ma anche che sia
"gradevolissima, in quanto mi salva dal problema di piacerle molto".
Sono anche sicuro che lei abbia fatto più volte centro fregando i più
fini tiratori di retorica: "niente inganna quanto l'apparenza della
modestia, spesso non è che indifferenza per l'opinione altrui e qualche
volta un modo indiretto di vantarsi"...".la vanità è senz'altro una
debolezza, ma l'orgoglio sarà sempre tenuto sotto controllo da una mente
veramente superiore"..."in mancanza di piaceri migliori, il vero
filosofo approfitta di quelli che gli sono concessi" e infine il suo
pensiero migliore: "tutti noi vogliamo insegnare agli altri, anche se
riusciamo a trasmettere solo quello che non vale la pena di imparare
Giovanni
Boccaccio
(1313 – 1375),
Nato illegittimo, s'inventò l'amore per Fiammetta figlia illegittima di
Roberto d'Angiò, pianse la sua piccola bastarda Violante, sopravvissuto
alla peste nera la utilizzò come una scenografia ma soprattutto, amante
di Dante e suo primo biografo, non cercò mai d'imitarlo e anzi con il
Decamerone scrisse una terrestre Commedia decisamente contrapposta a
quella "Divina" dell'Alighieri: insomma era un originale.
Prese sul serio la frase evangelica "Chi di voi è senza peccato, scagli
per primo la pietra " e quella biblica "Chiunque ucciderà Caino, sarà
punito sette volte tanto", convinto che "Amor può troppo più che né voi
né io possiamo", preferì raccontare con distaccata ironia senza farsi
coinvolgere da giudizi impostati da una teologia umana che reputava
relativa: "perché il mio parlare agli uomini non pervenga, anzi, in
quanto io posso, del tutto il niego loro, però che sì miseramente in me
l'acerbità d'alcuno si discuopre, che gli altri simili imaginando,
piuttosto schernevole riso che pietose lagrime ne vedrei",
Pagò a caro prezzo il suo essere profondamente cristiano nella pietà:
la prima volta quando i suoi libri furono messi all'indice dal Concilio
di Trento e la seconda volta quando il romanticismo illuminista volle
rivalutarlo come anticipatore dell'individuo che determina la propria
vita indipendentemente dalla sua fede in Dio.
Fra i pochi che hanno compreso la sua vera essenza vi fu Hermann Hesse
che scrisse: "Per chi trae diletto da una lingua viva e bella, leggere
il Decamerone non è dissimile dal vagare tra alberi in fiore e bagnarsi
in acque purissime."
Su
Giovanni Boccaccio furono girati moltissimi film spesso goliardici e di
cattivo gusto ma Pier Paolo Pasolini con il suo "Decameron" gli
dedicò un autentico capolavoro che vinse l'Orso d'argento al Festival
del Cinema di Berlino ma che ebbe anche in Italia problemi con la
censura che causò un ridicolo processo.
E' stato per me curioso vedere recitare lo stesso Pasolini nella parte
di un allievo di Giotto e il nostro comune amico, il pittore Giuseppe
Zigaina in quella del frate confessore.
Indimenticabile Silvana Mangano nella parte della Madonna e
naturalmente Franco Citti e Ninetto Davoli,
rispettivamente nei ruoli di Ser Ciappelletto e Andreuccio da Perugia,
Heinrich Böll
(1917 –1985)
Condivido
molti pensieri quotidiani con lo scrittore Premio Nobel Heinrich Böll
(1917 –1985): "quello che gli altri chiamano reale, a me sembra una
finzione"..."un artista ha la morte sempre con sé, come un bravo prete
il suo breviario"..."nell'esercizio anche del più umile dei mestieri, lo
stile è un fatto decisivo"..."vi sono dei limiti oltre i quali l'idiozia
dovrebbe essere controllata".
Pensando a Heinrich mi chiedo come sia stato possibile per uno
scrittore nato a Colonia, patria del severo domenicano Alberto Magno di
Bollstädt, scrivere di macerie e disastri rendendoli più reali e tragici
attraverso un magistrale uso dell'ironia così diversa dal tipico
sarcasmo di Bertolt Brecht.
Difficile trovare in lui la tipica sovrabbondanza deduttiva della forma
mentis germanica.
Nel suo capolavoro "Opinioni di un clown" non vi è nessun eroe al quale
identificarsi, nessun personaggio particolarmente positivo o negativo ma
solo un'ambientazione generale piena di contraddizioni che cercano
disperatamente qualche appoggio etico e politico per dare una qualche
dignità ad ogni singolo individuo.
Quello che mi consola in Heinrich è il fatto che anche se se la tirava
con l'impeccabilità dello stile, facendo di tutto per combattere il
mostro della retorica finì anche lui a pontificare sulla fine della
"vera cultura" opposta alla divulgazione di massa della stessa: "la
cultura che si subordina agli indici d'ascolto, quindi al successo di
pubblico, è una cultura persa.
Si può fare cultura solo in opposizione agli indici d'ascolto o a
dispetto di un indice basso. Quando la tanto decantata varietà
dell'informazione si sarà definitivamente svelata come varietà
propagandistica, allora si ritornerà con desiderio ai libri. Speriamo
che prima di allora le biblioteche non siano vuote".
Dal suo romanzo "L'onore perduto di Katharina Blum o Come la violenza
può svilupparsi e dove può portare" fu tratto il film girato da
Volker Schlöndorff e Margarethe von Trotta, e intitolato Il caso
Katharina Blum.
Rimasero famose le scritte a chiusura dell'opera tratte da un pamphlet
di Böll: " I personaggi e l'azione di questo racconto sono completamente
fittizi.
Nel caso in cui nella rappresentazione di certe pratiche giornalistiche
dovessero essere riscontrate somiglianze con le pratiche della
Bild-Zeitung, queste somiglianze non sono né volute né casuali, bensì
inevitabili"
Gesualdo
Bufalino (1920 – 1996)
Nacque il 15 novembre Gesualdo Bufalino, traduttore e insegnante
liceale, scrisse capolavori che non avrebbe mai voluto pubblicare in
vita, non solo perché ammetteva di non aver mai "rinunziato
all'impossibile con la debole scusa che era, appunto, impossibile"
riconoscendo in se la coincidenza di "previdenza e follia" ma
specialmente perché " simile a un colombo viaggiatore, il poeta porta
sotto l'ala un messaggio che ignora" e quindi, aggiungo io, come fare a
spiegare agli altri qualcosa che non si conosce?
Poi, tradito da un'introduzione a un volume fotografico sulla sua amata
Comiso, fece intuire a Leonardo Sciascia che un genio simile
dovesse avere almeno un capolavoro nel cassetto. Naturalmente Bufalino
negò ma alla fine vinse la perseveranza di Sciascia e la "Diceria
dell'untore" uscì nel 1981 e vinse subito il Premio Campiello e dieci
anni dopo dal libro fu tratto un film con la regia di Beppe Cino
e la presenza di attori del calibro di Vanessa Redgrave e Fernando
Rey.
Altri sei anni, altri libri, altri premi e una morte stupida per un
incidente stradale e poi da lassù gli toccò vedersi anche "Auguri don
Gesualdo" il documentario della sua vita esteriore girato dal mio amico
Franco Battiato.
E pensare che Gesualdo aveva cercato solo la pace "di restarsene
seduti, fantasticando, nel proprio studio, caro ad Ariosto che preferiva
sfogliare in poltrona l'atlante di Tolomeo piuttosto che affidarsi alle
fragili tavole d'un battello"
Ma a questo punto è lecito chiedersi: perché un uomo del genere si era
messo a scrivere?
Invece di cercare d'indovinare la risposta mi sembra più saggio
farglielo dire direttamente a Lui: " si scrive per guarire sé stessi,
per sfogarsi, per lavarsi il cuore.
Si scrive per dialogare anche con un lettore sconosciuto. Ritengo che
nessuno senza memoria possa scrivere un libro, che l'uomo sia nessuno
senza memoria. Io credo di essere un collezionista di ricordi, un
seduttore di spettri.
La realtà e la finzione sono due facce intercambiabili della vita e
della letteratura. Ogni sguardo dello scrittore diventa visione, e
viceversa: ogni visione diventa uno sguardo. In sostanza è la vita che
si trasforma in sogno e il sogno che si trasforma in vita, così come
avviene per la memoria.
La realtà è così sfuggente ed effimera.
Non esiste l'attimo in sé, ma esiste l'attimo nel momento in cui è già
passato.
Piuttosto che vagheggiare un futuro vaporoso ed elusivo, preferisco
curvarmi sui fantasmi di ieri senza che però mi impediscano di vivere
l'oggi nella sua pienezza"
E ora siete soddisfatti, il fantomatico "caso Bufalino" è stato risolto?
Io credo di no e finisco questo amaro esercizio per rivalutare la
memoria personale e collettiva che compio tutti i giorni con un suo
convincimento che sento anche mio: "lodato sia don Chisciotte! Che seppe
con tanto anticipo di secoli riconoscere un furibondo gigante sotto la
maschera di un innocente mulino
Albert Camus
(1913 – 1960)
Il premio Nobel Albert Camus nacque in Algeria il 7 novembre del 1913,
esattamente come lui auspico un nuovo umanesimo fondato su quella che
lui chiamava la felicità di Sisifo, sempre in bilico fra solidarietà e
solitudine (solidaire ou solitaire) e io chiamo Archeologia della
sapienza poetica.
Nel saggio "Il mito di Sisifo" Camus scrisse "Lascio Sisifo ai piedi
della montagna! Si ritrova sempre il proprio fardello. Ma Sisifo insegna
la fedeltà superiore che nega gli dèi e solleva i macigni. Anch'egli
giudica che tutto sia bene.
Questo universo, ormai senza padrone, non gli appare sterile né futile.
Ogni granello di quella pietra, ogni bagliore minerale di quella
montagna, ammantata di notte, formano, da soli, un mondo. Anche la lotta
verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare
Sisifo felice."
Fra i pochi che seppero seguire il suo impegno vi fu certamente Luchino
Visconti che riuscì nel 1967 a trasformare il suo romanzo "Lo Straniero"
in una grande opera cinematografica con
Marcello Mastroianni nei panni di Arthur Meursault e
Anna Karina in
quelli di Marie Cardona
Truman Capote (1924 – 1984),
Nacque il 30 settembre lo scrittore, giornalista e drammaturgo Truman
Streckfus Persons (1924 – 1984 noto come Truman Capote che. dopo aver
passato un infanzia difficile con una mamma un po' puttana che lo
richiudeva a chiave al buio nelle stanze degli alberghi dove riceveva i
suoi amanti, divenne uno dei frequentatori dei salotti mondani di New
York e, dopo la pubblicazione del romanzo Breakfast at Tiffany's, anche
uno degli scrittori più amati della sua
epoca, fatto che lo fece ben presto diventare un alcolista, un
tossicodipende sfruttato dagli amanti e abbandonato dagli amici.
Grandissimo successo ebbero le riduzioni cinematografiche dei suoi
romanzi, oltre al notissimo
Breakfast at Tiffany's, film
di Blake Edwards con
Audrey Hepburn e George Peppard ricordo la sua sceneggiatura per il film
Il tesoro dell'Africa (Beat the Devil) diretto da
John Huston, con Humphrey Bogart, Jennifer Jones, Gina Lollobrigida e
Peter Lorre
Era convinto che "si versano più lacrime per le preghiere esaudite che
per quelle non accolte" ed aveva ragione!
Suso Cecchi D'Amico
(1914 – 2010),
Per Suso il tempo reale non è legato alla cronaca ma alla storia, scrive
infatti: " non so spiegare come sia potuto accadere che io continui a
sentire presenti le persone che ho più amato e delle quali dovrei
soffrire la mancanza.
Il rapporto che ho avuto con loro nel passato continua inalterato,
tranquillo, né faccio nulla per trovare una risposta a questo mistero
che mi è proposto, e dal quale traggo la confortante persuasione che
tutto ciò che è esistito esiste".
Suso, non solo fu una infallibile conoscitrice della psicologia dei geni
con i quali lavorò, ma sperimentò con il suo lavoro cosa fosse realmente
il rapporto fra inconscio individuale e collettivo e l'arte conscia nel
dare congruità al bisogno dell'uomo di trovare una forma accettabile
alla commedia umana.
A questo proposito scrisse: " nasce, durante le riunioni di
sceneggiatura, anche un curioso rapporto con i familiari dei colleghi,
che impariamo a conoscere intimamente nei discorsi fra noi, per cui ci
troviamo a partecipare alle vicende tristi e liete delle loro vite con
una passione che non trova poi riscontro nel rapporto diretto"
E' comunque un vero spasso per me proporre, agli arcigni e sempre
incazzati discepoli di McLuhan, una frase di Suso dove rivaluta le sue
teorie con l'ausilio dell'ironia: "secondo me, se finita la guerra ci
fossero stati in Italia tutti i giornali e le riviste che ci sono
adesso, molti di noi si sarebbero sfogati a scrivere, invece di fare del
cinema.
Morivamo dalla voglia di raccontare l'esperienza della guerra, volevamo
lasciare testimonianza di come, nostro malgrado, ci eravamo trovati
coinvolti".
Scrisse poi di Rossellini una frase che potrebbe andare bene anche per
Hemingway: "ho sempre detto che non ci potevamo permettere di fare
un'altra guerra per far girare qualche altro bel film a Rossellini.
Paisà e Roma città aperta sono dei grandi film, grandi come gli
avvenimenti che a lui erano congeniali. Non era un regista da piccola
cronaca quotidiana".
Agatha Christie (1890 – 1976)
Nacque il 15 settembre la scrittrice Agatha Mary Clarissa Miller, Lady
Mallowan, nota come Agatha Christie , divorziata dal colonnello della
Royal Flying Corps Archibald Christie, madre nella realtà di Rosalind e
di Hercule Poirot e di Miss Marple nella fantasia, riuscì a vendere due
miliardi di copie dei suoi 93 romanzi e delle sue 17 commedie.
Era convinta che la necessità non sia "la madre dell'invenzione" perché,
secondo lei, " è molto più facile che questa nasca direttamente
dall'inattività e forse anche dalla pigrizia".
Dotata di un'ironia straordinaria "un archeologo è un marito ideale. Più
invecchi e più si interessa a te" fu una vera dispensatrice di saggezza
come quando fece dire a Poirot "l'istinto è una cosa meravigliosa, non
può essere spiegato, né dev'essere ignorato" Fra i molti attori che
hanno interpretato Hercule Poirot da Peter Ustinov (Poirot sul Nilo, La
sagra del delitto) ad Albert Finney (Assassinio sull'"Orient Express),
quello che secondo me si è avvicinato di più a questo personaggio è
David Suchet, straordinario attore della serie televisiva britannica e
coautore. con il giornalista Geoffrey Wansell, del libro "Poirot and
Me". Per finire mi rimane una domanda che mi faccio da molti anni: ma
chi era veramente la vecchia zia di Agatha Christie che le ispirò il
personaggio di Miss Marple? Chi lo sa parli o taccia per sempre!
Jean Cocteau (1889 – 1963)
Il 5 luglio nacque Jean Cocteau angelo caduto, figlio di puttana,
bisessuale, icona del disimpegno, saggista, drammaturgo, sceneggiatore,
disegnatore, scrittore, librettista, regista ed attore .....quasi
certamente solo poeta, uno di quei poeti che sanno vivere nel mondo
reale e proprio per questo generò timore perché come lui stesso
affermava: " mette l'uomo col naso nelle sue caccole. L'idealismo umano
cede di fronte alla sua probità, alla sua inattualità (la vera
attualità), al suo realismo che la gente considera pessimismo, al suo
ordine che chiama anarchia. Il poeta è antiprotocollare. Si è creduto
per molto tempo che fosse il capo del protocollo della inesattezza. Il
giorno in cui il pubblico ha capito quello che era veramente, lo ha
temuto" .
Un giorno Marcel Proust gli scrisse "crepo di gelosia nel vedere come
nei suoi straordinari pezzi su Parigi lei sappia evocare delle cose che
io ho sentito e che son riuscito ad esprimere solo in modo assai
pallido"
Fu ritratto dai suoi grandi amici Pablo Picasso e Amedeo Modigliani, e
lui stesso disegnò i ritratti dei suoi amici la contessa di Noailles,
Erik Satie, Georges Auric, Francis Poulenc, Léon Bakst, Jean V. Hugo, di
Sergej Diaghilev, Vaslav Nijinskij, Picasso e naturalmente l'amato
Raymond Radiguet.
Lavorò con Igor Stravinskij per l'opera Oedipus Rex e con Arthur
Honegger per Antigone, vinse come regista del film Orfeo il premio della
critica al festival di Venezia.
Era convinto che "bisogna essere un uomo vivo e un artista postumo"
anche perché "quando un'opera sembra in anticipo sul suo tempo, è vero
invece che il tempo è in ritardo rispetto all'opera". Sintetizzò tutta
la sua vita in una semplice frase: "Amare , dormire a occhi aperti,
aspettare miracoli, questa fu l'unica mia politica".
Gabriele D'Annunzio (1863 – 1938)
Se per Benito Mussolini fu " come un dente guasto: o lo si estirpa o lo
si ricopre d'oro", James Joyce scrisse di ritenere che i tre scrittori
dell'Ottocento naturalmente dotati di maggior ingegno fossero
d'Annunzio, Kipling, Tolstoi.
Robert Musil disse " Il Piacere fu uno dei primi libri con cui,
quarant'anni fa, feci conoscenza con l'arte moderna, uno dei primi
ch'ebbero influsso su di me mentre Paul Valéry lo considerò uno dei
pochi esseri umani " sempre meraviglioso di energia vitale e di
entusiasmo" e per Lenin fu "l'unico rivoluzionario in Italia
Gabriele si raccontò in tanti di quei modi da far impazzire generazioni
di critici ma non è così difficile capire la differenza che esiste fra
la frase " io sono un animale di lusso; e il superfluo m'è necessario
come il respiro. L'uomo è, sopra tutto, un animale accomodativo. Non c'è
turpitudine o dolore a cui non s'adatti" e quello che scrisse nel "Il
trionfo della morte" : " ecco, io sono vivo, io respiro. Qual è la
sostanza della mia vita? Ed in balia di quali forze? Sotto l'impero di
quali leggi? Io non mi posseggo, io sfuggo a me stesso, il senso che io
ho del mio essere è simile a quello che può avere un uomo il quale,
condannato a restare su un piano di continuo ondeggiante e pericolante,
senta di continuo a mancargli l'appoggio, dovunque egli posi il piede.
Io sono perpetuamente ansioso e neanche la mia ansietà è ben definita.
Io non so se sia l'ansietà del fuggiasco inseguito alla calcagna o di
chi insegue senza mai raggiungere. Forse l'una e l'altra insieme".
Solo chi sa di non possedersi e sa fuggire da se stesso lo può amare
come un fratello.
Gli altri è meglio che si rechino in gita cercando di trarne piacere!
Arthur Conan Doyle
(1859 – 1930)
Lottò con la tradizione empirica e logico deduttiva delle menti più
brillanti della sua patria e il desiderio di una realtà diversa che solo
il mistero può rendere percorribile.
In "La lega dei Capelli Rossi" confidò ai lettori che la sua vita non
era "che un continuo sforzo per sfuggire alla banalità dell'esistenza" e
un giorno si convinse che "se le idee devono interpretare la Natura è
necessario che siano altrettanto sconfinate".
Decise quindi di dedicare gli ultimi anni della sua esistenza
interamente e solo allo spiritismo.
Chissà cosa avrebbe detto il suo Sherlock Holmes per il quale essendo il
" mondo pieno di cose ovvie, nessuno si prende mai la cura di
osservarle" e che "eliminato l'impossibile, ciò che resta, per
improbabile che sia, deve essere la verità.
Certo Sherlock era anche convinto che fosse "un errore enorme teorizzare
a vuoto" perché " senza accorgersene, si comincia a deformare i fatti
per adattarli alle teorie, anziché il viceversa" Purtroppo Sherlock non
ha mai posseduto, come il suo autore, uno spirito-guida arabo di nome
Pheneas e non ha mai avuto l'onore di conoscere Houdini che smascherò
qualsiasi medium che lo scrittore gli presentò.
Fra i moltissimi film dedicati a
Sherlock Holmes ricordo con piacere Il mastino di Baskerville
diretto da Sidney Lanfield con Basil Rathbone nella parte diHolmes
William Faulkner
(1897 – 1962)
Nacque il 25 settembre lo scrittore, sceneggiatore, poeta e vincitore
del Premio Nobel, William Faulkner che, dopo aver lavorato in un
ufficio postale, in una segheria, fatto l'istruttore di golf, pubblicò
Sartoris, The Sound and the Fury e As I Lay Dying, romanzi di
scarsissimo successo.
Solo nel 1931 con l'uscita di Sanctuary riuscì ad alleviare i problemi
economici che lo assillavano, specialmente per l'interesse dei
produttori di Hollywood per i suoi racconti.
Nel 1938 uscì The Unvanquished che ebbe una scarsa fortuna in libreria
ma che gli cambiò definitivamente la vita, positivamente per la vendita
dei diritti cinematografici e negativamente per il suo alcolismo.
Conoscitore attento della propria storia amò anche le tradizioni e la
mitologia degli altri, tutta la sua opera, spesso tacciata di
modernismo, può essere sintetizzata in questa frase: "quel che vi è di
meglio nel pensiero si aggrappa come edera morta su vecchi mattoni
morti".
Non particolarmente ottimista, affermava che "molto spesso un uomo è la
somma delle sue disgrazie", detestò ogni forma di nichilismo
esistenziale, molto di moda alla sua epoca. disse "fra il dolore e il
nulla io scelgo il dolore" e in Sound and the Fury ridiede dignità alla
parola "nulla": "non è quando capisci che nulla può aiutarti, religione,
orgoglio, qualsiasi cosa, è quando capisci di non aver bisogno di nulla"
Gustave Flaubert (1821 –
1880)
Di Flaubert amo soprattutto il suo dissacrante e divertentissimo
Bouvard et Pécuchet fu l'apoteosi degli eccessi: anticonformista,
espulso dal collegio per insolenza, viaggiatore sconclusionato alla
ricerca di facili sensazioni, selvaggio solitario e impenitente viveur,
eternamente senza soldi, massacrato dai critici e dai benpensanti, fu
compreso e amato forse solo da Guy de Maupassant. Detestò i luoghi
comuni: " un'estate è sempre «eccezionale», calda o fredda, secca o
umida che sia"..."il mare non ha fondo. Immagine dell'infinito. Fa
venire grandi pensieri. In riva al mare bisogna sempre avere un
cannocchiale.
Quando lo si guarda, dire sempre: «Quanta acqua!»"..."il tempo: eterno
argomento di conversazione. Causa universale delle malattie. Lagnarsene
sempre"..."Sculacciare i bambini, picchiare gli animali, cacciare i
domestici, punire i malfattori significa rendere loro un
servigio"..."gli imbecilli sono tutti quelli che non la pensano come
noi"..."l'eccezione: dite che "conferma la regola" ma non azzardatevi a
spiegare come"
Mi sono spesso chiesto come mai Ezra Pound affermasse che "nessun uomo
può scrivere versi veramente buoni se non conosce Stendhal o Flaubert",
probabilmente perché tutti e due ebbero la capacità di vedere il
rovescio della medaglia; il primo quando disse: "la religione, come quel
potere assoluto temperato dalle canzoni che è la monarchia francese,
hanno prodotto cose singolari che il mondo non avrebbe mai visto se
queste due istituzioni fossero mancate" e il secondo quando ci confidò
"vorrei il bello nell'infinito, invece vi trovo soltanto il dubbio". In
effetti la poesia, senza queste virtù, sembrerebbe non degna di
eccessiva considerazione!
Non scrisse mai per il teatro ma la sua Madame Bovary si prestò a
moltissime riduzioni cinematografiche da quella del 1933 per la regia
di Jean Renoir ai film più recenti come quello girato nel 1991 da
Claude
Chabrol, con Isabelle Huppert
Tonino Guerra
(1920 – 2012)
Tonino,
poeta, scrittore e sceneggiatore di fama internazionale,
salì più volte sul Monte Analogo dove scoprì che:
"L’aria l’e cla roba lizira
che sta dalonda la tu testa
e la dventa piò céra quand che t’roid..
l’aria è quella cosa leggera,
che sta intorno alla tua testa
e diventa più chiara quando ridi
Su quel monte comprese a cosa servono i ricordi:
Lo so, lo so, lo so // che un uomo, a 50 anni, //
ha sempre le mani pulite //
e io me le lavo due o tre volte al giorno //
ma è quando mi vedo le mani sporche //
che io mi ricordo di quando // ero ragazzo".
Solo Tonino raggiunse la completa visione che si ha quando si è capito
che la bellezza del naufragio della conoscenza umana dipende dalla
qualità della finzione.
Disse: "se faccio finta di fumare mi cade la cenere addosso" obbligando
tutti ma proprio tutti ad alzarsi in piedi e applaudire.
Fu premiato solo tre volte con il Davide di Donatello per le
sceneggiature di
Tre fratelli di Francesco Rosi, E la nave va di Federico Fellini e
Kaos dei fratelli Taviani e non vinse nulla per le splendide
sceneggiature di Matrimonio all'italiana, di Vittorio De Sica,
Deserto rosso, e Blow-Up di Michelangelo Antonioni per
non parlare di quel capolavoro assoluto che è Amarcord di
Federico Fellini
Milan Kundera
Milan
fu espulso dal suo paese dopo la "Primavera di Praga" dalla brutalità
del comunismo, esule in Francia ha dato solo nel 2006 il permesso di
pubblicazione delle sue opere anche nella, finalmente democratica,
Repubblica Ceca.
Il suo romanzo più conosciuto, "L'insostenibile leggerezza
dell'essere", nel 1988 è diventato un film diretto da Philip Kaufman
interpretato da Daniel Day-Lewis e Juliette Binoche che si è aggiudicato
la Nomination all'Oscar per la Migliore sceneggiatura non originale a Jean-Claude Carrière e Philip Kaufman e la Nomination al Golden Globe
per il Miglior film drammatico.
Fra le sue opere scritte per il teatro ricordo "Jacques e il suo
padrone: Omaggio a Denis Diderot in tre atti
Kundera sostiene la "che la stupidità deriva dall'avere una risposta
per ogni cosa e la saggezza deriva dall'avere, per ogni cosa, una
domanda" e poi aggiunge che "una domanda per la quale non esiste
risposta è una barriera oltre la quale non è possibile andare. In altri
termini: sono proprio le domande per le quali non esiste risposta che
segnano i limiti delle possibilità umane e tracciano i confini
dell'esistenza umana" per concludere "le. domande veramente serie sono
solo quelle che possono essere formulate da un bambino. Sono domande per
le quali non esiste risposta" Quando si dice un ottimista!
Peter Handke
Lo
scrittore, drammaturgo e saggista Peter Handke, nato a Griffen, in
Austria, il 6 dicembre del 1942 fa parte di quei rari geni che vale la
pena di seguire mettendosi in ginocchio. Definisce la sua scrittura " un
movimento che si ramifica lentamente e continuamente in maniera uniforme
come nel romanzo psicologico di Dostoevskij, senza psicologia però, ma
con una tensione continua" e nella sua capacità di non raccontare mai
balle, sostituendole con le finzioni della fantasia invia i suoi lettori
a "de-pensarsi... finché non vi sia più nulla di sé e tutto si perda nel
vento e nel sole, nulla, tranne un piccolo punto di dolore". il suo
romanzo "Prima del calcio di rigore" divenne il film omonimo girato da
Wim Wenders con il quale ha anche scritto la sceneggiatura del "Il cielo
sopra Berlino ' Proprio in questo film vengono recitati questi splendidi
versi: "Quando il bambino era bambino, / era l'epoca di queste domande.
/ Perché io sono io, e perché non sei tu? / Perché sono qui, e perché
non son lì? / Quando comincia il tempo, e dove finisce lo spazio? / La
vita sotto il sole è forse solo un sogno? / Non è solo l'apparenza di un
mondo davanti al mondo / quello che vedo, sento e odoro? / C'è veramente
il male e gente veramente cattiva?" Probabilmente non tutti si fanno
questo tipo di domande ma potrebbero incominciare a farsele!
David Herbert Lawrence
(1885 – 1930)
Nacque l'11 settembre lo scrittore, poeta, drammaturgo, saggista
e pittore David Herbert Lawrence e sembra oggi quasi impossibile pensare
che il suo romanzo più famoso "L'amante di Lady Chatterley", uscito in
edizione privata nel 1928, fu pubblicato solo nel 1960, cinque anni dopo
della riduzione cinematografica che ne fece Marc Allégret con la bella
Danielle Darrieux nella parte di Constance Chatterley. Bisogna proprio
dire che aveva ragione Lawrence quando scrisse: "è forse l'unica cosa
che non ti permettono di fare, quella di essere franchi e schietti in
materia di sesso. Si può essere sudici quanto si vuole. Anzi, più ci si
comporta sudiciamente riguardo al sesso, e più la cosa va loro a genio.
Se invece si crede nel sesso e non si vuole che sia infangato, allora ti
fregano. È il solo folle tabù superstite, il sesso inteso come una cosa
naturale e vitale. Non ne vogliono sapere, e sono pronti ad ammazzare,
piuttosto di permettere ad altri di praticarlo". Probabilmente David
Herbert Lawrence non fu quello che si dice un autore profondo, capace
d'innescare angosciose contraddizioni, ma fu certamente uno scrittore
d'intrattenimento che ogni tanto, quando meno te lo aspetti sa
sorprendere, per delle considerazioni psicologiche non superficiali come
quando affermò " la coscienza è sinonimo di paura della società oppure,
nel migliore dei casi, di paura di se stessi." Provate a dargli torto se
ci riuscite!
Henry Miller
(1891 –1980)
Non è stato facile per me perdonare Henry
Miller per quel che scisse di Goethe " un rispettabile cittadino, un
pedante, un noioso, uno spirito universale, ma segnato col marchio di
fabbrica tedesco, l'aquila bicipite. La serenità di Goethe, la sua
tranquilla, olimpica disposizione, non è altro che il sonnolento stupore
di una divinità borghese tedesca". Goethe non fu mai sereno e alla sua
olimpica disposizione il primo a non crederci fu proprio lui che fece
dire al suo alter ego Werther " potrei condurre la più bella vita, la
vita più beata, se non fossi un pazzo" che definì la lascivia "il gioco
col piacere da godere, il gioco col piacere goduto", la verità ciò che
ci "fa ci fa sembrare limitati" e l'errore "onnipotenti", aggiungendo
che la" verità è scostante perché è frammentaria, incomprensibile,
mentre l'errore è coerente e conseguente".
Alla fine però mi convinsi che Henry Miller fosse un Goethiano senza
saperlo.
Identico l'approccio vitalistico " lo scopo della vita è vivere, e
vivere significa essere consci, gioiosamente, ebbramente, serenamente,
divinamente consci"....."le critiche sincere non significano nulla:
quello che occorre è una passione senza freni, fuoco per fuoco". Analoga
l'atmosfera passionale "arrendersi nel modo più assoluto e
incondizionato alla donna che si ama significa spezzare ogni legame
tranne il desiderio di non perderla, ed è quello il legame più terribile
di ogni altro".
E infine simile la severità dispensata con una micidiale ironia alla
quale solo degli idioti potrebbero opporre resistenza " gli uomini che
non credono in nulla scrivono tomi su divinità che non sono mai
esistite" e infine una frase terribile che profetizzò l'immensa
goffaggine della maggioranza di troppi interventi di Facebook scritti da
babbei "eternamente turbati dai problemi dell'umanità" solo per il fatto
che questi problemi "non sono i loro o perché si sono rifiutati di
affrontarli"
Probabilmente Henry Miller Goethe non lo lesse mai con attenzione e fu
forse un bene perché ogni tanto riuscì a superarne la mitizzata
"universalità" con una modernità, fuori dell'ordinario, come quando
descrisse l'origine neurologica della creatività: "direi che succede
tutto negli attimi di calma, di silenzio, mentre cammini o ti radi o
giochi a qualcosa, persino mentre parli con qualcuno che non ti suscita
grande interesse. Lavori tutto il tempo, la tua mente lavora, a quel
problema nel retro del tuo cervello"-
Il suo amore con la poetessa Anaïs Nin divenne il contenuto del film
Henry & June, per la regia di Philip Kaufman, con Fred Ward
nel ruolo
dello scrittore, Maria de Medeiros nel ruolo di Anaïs Nin e la
bellissima Uma Thurman nel ruolo della moglie.
Henry Miller scriise anche la commedia Just Wild About Harry. A Melo in
Seven Scenes tradotta con il titolo "Proprio pazza per Harry" da Luciano
Bianciardi per Einaudi.
Eugene O'Neill
(1888 – 1953)
Se Wilde generò l'equivoco della "leggerezza", accadde a Eugene
O'Neill di essere criticato per la sua pesante serietà probabilmente
perché non è facile comprenderne a fondo l'umorismo, decisamente
elitario, che gi fece dire: "sperare nel buonsenso delle persone è la
prova che non si possiede buonsenso.”
Ritenuto ingiustamente un antimaterialista per la capacità satirica di
ridicolizzare l'eccesso di consumismo compresa l'importanza dei fatti e
non delle cose "se una persona intende capire il significato della vita
deve imparare ad amare i fatti più di sé stesso. per brutti che possano
sembrare alla sua vanità sentimentale, nascondono sempre la verità che
sta dietro: e la verità non è mai brutta.” La sua magistrale scrittura,
dominata dal rispetto del fato, arrivò a burlarsi della mania
esistenzialista della sua epoca: “la vita è per ogni uomo una cella
solitaria dove le pareti sono specchi.” dove " la solitudine dell'uomo è
la sua paura della vita”.
John Steinbeck
(1902 – 1968)
John Steinbeck si scopri scrittore a 14 anni, spesso ospite della
Casa Bianca dal suo amico Roosevelt, corteggiato da Hollywood tutta la
vita, fu inviato speciale di guerra del "New York Herald Tribune" sul
fronte europeo. Ricchissimo e un po' annoiato, dopo il 1960, con il suo
camper Ronzinante, si mise a girare l'America come un ragazzino sapendo
che "le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone"
Mori nel mitico anno di grazia 1968 insoddisfatto di quell'economia
consumistica che gli aveva permesso una vita straordinariamente felice.
Per sua fortuna scrisse solo capolavori ed evidentemente non gli si può
dar torto quando affermò: "a meno che un critico abbia il coraggio di
lodarti senza riserve, io dico, ignora il bastardo". Inoltre è degno
anche di una moderata idolatria per aver detto: "tre cose non saranno
mai credute, quella vera, quella probabile, quella logica".
Bram Stoker
(1847 –1912)
Non fu solo il creatore del conte Dracula ma anche uno
straordinario maestro di umorismo e di etica priva di moralismo.
Raccomandò di tenere "sempre a mente che il riso che bussa alla vostra
porta e chiede: "posso entrare?" non è vero riso. no! Il riso è un re e
va e viene quando e come gli pare. Lui non chiede a nessuno, lui non
sceglie il momento più adatto" e ricordò a tutti noi che " i bambini che
vogliono diventare uomini buoni e generosi o donne buone e nobili,
dovrebbero cercare di conoscere bene tutta la gente che incontrano. Così
capirebbero che tutti hanno qualcosa di buono, e se fossero capaci di
vedere in un'altra persona qualche follia, qualche meschinità, qualche
vigliaccheria, qualche difetto o debolezza, dovrebbero esaminare
attentamente se stessi. Allora vedrebbero che, forse, anche loro hanno
in se stessi qualche difetto simile, forse non altrettanto evidente ma
certamente emendabile".
Se Bram Stoker amò il mistero solo per riderci su!
Giuseppe Tomasi di Lampedusa
(1896 – 1957)
Nato
a Palermo il 23 dicembre del 1896, autore del Gattopardo, romanzo
pubblicato dopo la sua morte, rifiutato per motivi ideologici da Elio
Vittorini che, per gli stessi motivi, non volle far pubblicare neanche
Il Dottor Zivago di Pasternak .
Per la serie " noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci
sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti
Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a credersi il sale della
terra", vorrei ricordare che la sua famiglia discendeva dal principe
bizantino Thomaso, detto il Leopardo, imparentato con la casa imperiale
che lasciò Costantinopoli dopo la morte dell'imperatore Eracleo, tra il
640 e il 646, stabilendosi ad Ancona dando origine a ramo dei Leopardi
di Recanati, a quello di Amatrice estinto con Pier Silvestro Leopardi,
alle varie famiglie Tomasi dell'italia meridionale e quasi certamente
alla famiglia veneta dei miei avi Lion discendenti da Domenego Lion,
nominato nel 738 magister militum da Eutichio, esarca di Ravenna, dopo
la morte del doge Orso Ipato-
Andrea Vitello, biografo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, ricordò uno
scambio di lettere su questo tema fra il trisavolo dello scrittore e
Monaldo Leopardi padre del poeta GIacomo.
In un epoca più recente fra gli avi di Giuseppe Tomasi di Lampedusa vi
era anche Antonio Lucchesi-Palli (1716-1803), figlio di Emanuele, marito
di Anna Maria Tomasi di Lampedusa (1704-1751). Antonio a sua volta fu
padre di Ettore Lucchesi Palli (1806-1864), marito della figlia del re
Francesco I delle Due Sicilie, Carolina di Borbone-Due Sicilie
(1798-1870).
A questo punto vi chiederete: ma ha importanza tutto questo?
Secondo me HA UNA GRANDISSIMA IMPORTANZA perché i due libri più letti
del ventesimo secolo, il Gattopardo e il Dottor Zivago, sono stati
scritti con lo scopo di poter dare, a chi non poteva avere memoria
intima e personale della storia, una visione, certamente di parte, ma
non distorta dalle mode e ideologie che cancellando il passato, sono
riuscite a rovinare il futuro di milioni di persone.
Fra le pagine più belle del Gattopardo vi è la descrizione dei pensieri
del Principe a proposito di un cadavere " di un giovane soldato del 5°
Battaglione Cacciatori che, ferito nella zuffa di S. Lorenzo contro le
squadre dei ribelli era venuto a morire, solo, sotto un albero di
limone" del suo giardino e prontamente rimosso dai suoi compagni. Scrive
Giuseppe Tomasi di Lampedusa: " L'immagine di quel corpo sbudellato
riappariva però spesso nei ricordi come per chiedere che gli si desse
pace nel solo modo possibile al Principe: superando e giustificando il
suo estremo patire in una necessità generale.
Perché morire per qualche d'uno o per qualche cosa, va bene, è
nell'ordine; occorre però sapere o, per lo meno, esser certi che
qualcuno sappia per chi o per che si è morti; questo chiedeva quella
faccia deturpata; e appunto qui cominciava la nebbia".
Giuseppe Tomasi di Lampedusa non scrisse mai nulla per il cinema ma
Suso Cecchi D'Amico con l'aiuto di Pasquale Festa Campanile, Enrico Medioli e Massimo Franciosa scrissero una meravigliosa sceneggiatura per
il film di Luchino Visconti dedicato al "Il Gattopardo"con Burt
Lancaster, Alain Delon, Claudia Cardinale e
Paolo Stoppa
Oscar Wilde
(1854 – 1900)
Era nato a Dublino il 16 ottobre 1854, si chiamava Oscar Fingal
O'Flahertie Wills Wilde e vesti la tragedia con l'abito della commedia.
Mostrando le sofferenze degli uomini e l'insensatezza della vita, volle
trasmettere la consapevolezza che il significato più profondo
dell'esistenza risiede nel dolore.
NON SCRISSE MAI AFORISMI MA IGNOBILI EDITORI, ESTRAPOLANDO DAI SUOI
LIBRI LE FRASI PIU' BRILLANTI, CONTINUANO A DIFFONDERLE CON QUESTO NOME.
Scrisse che "Il vizio supremo è la superficialità. Tutto ciò che è
compreso fino in fondo, è giusto"...."mentre la Prosperità, il Piacere e
il Successo sono sovente di grana grossa e di fibra volgare, il Dolore è
la più sensibile fra tutte le cose create. In un intero universo di
pensiero o di movimento, nulla si muove senza che il Dolore vibri in
corrispondenza con palpito terribile benché squisito"...."E neppure in
Eschilo o in Dante, severi maestri di dolcezza, né in Shakespeare, il
più genuinamente umano dei grandi artisti, in tutto l'arco della
mitologia celtica nella quale la bellezza del mondo si mostra attraverso
una nebbia di lacrime e la vita di un uomo non è niente di più della
vita di un fiore, vi è nulla che per pura semplicità di pathos, fusa e
accoppiata con una sublimità di effetto tragico, possa uguagliare
l'ultimo atto della passione di Cristo, o anche solo
avvicinarvisi"...."Venisti a me per imparare il Piacere della Vita e il
Piacere dell'Arte. Forse sono stato scelto per insegnarti qualcosa di
più splendido: il significato del Dolore, e la sua bellezza."
Tennessee Williams
(1911 – 1983)
Spesso depresso e succube di attacchi di panico, ebbe due dolori non
immaginari: la lobotomia che trasformò in vegetale la sorella pazza Rose
e la morte del suo compagno Frank Merlo per carcinoma del polmone nel
1963. Trasformò la tragedia della sorella nel tema principale di "Un
tram che si chiama Desiderio", l'incapacità degli uomini di accettare il
destino senza cercare di eluderlo e il dolore per la morte di Frank nel
tema di "La gatta sul tetto che scotta", la predisposizione degli uomini
a mentire non per loro volontà ma per un rifiuto psicologico di credere
alla realtà dei fatti che genera l'ipocrisia come paura, spesso non
voluta, nell'affrontare i temi scomodi legati alla morte,
all'omosessualità e agli schemi sociali che urtano contro il
conformismo.
Era convinto come me che "Il desiderio è qualcosa che viene a occupare
uno spazio più grande di quello che il singolo individuo può
concedergli".
Maestro di antiretorica morì in maniera non epica; soffocato dal tappo
del suo collirio in una stanza dell'Hotel Elysee a New York
Luigi
Granetto
Biografia
Fonti e Bibliografia
Il Rovescio della Medaglia, considerazioni sui luoghi comuni
Il Fingitor cotese sapere come finzione
John Lennon una vita complicata
Vinicius de Moraes poeta della lontananza
Scritti su Fabrizio De Andrè e Lucio Battisti
Incontri un po' speciali:
Carmelo Bene, Roberto Benigni, Marlon Brando,
Maria Callas, Federico Fellini, Roberto Guicciardini, Marcello
Mastroianni,
Mario Monicelli, Aldo Palazzeschi, Paolo Poli, Anna Proclemer, Ettore
Scola,
Alida Valli, Luchino Visconti e Cesare Zavattini
Il
mio amico Ivan Graziani
Ancora canzoni & saggio su Renato Zero:
incontrii con Sergio Bardotti, Renato Carosone, Domenico Modugno, Gianna
Nannini, Roberto Vecchioni.
Note su John Lennon, Gino Paoli, Elvis Presley, Paul Simon, Rod Stewart,
Sting e Stevie Wonder |